Fatto a Latina e il suo “arabesco” editoriale

Fatto a Latina e il suo “arabesco” editoriale

21 Maggio 2019 0 Di Lidano Grassucci

Mi chiedono la linea politica di questo foglio, l’ansia editoriale di questa iniziativa.

C’è la paura di non collocare un prodotto editoriale in qualche casella predefinita.

Per rispondere Inizierei così: esiste un piacere di leggere che ha bisogno di letture, e mille storie da raccontare.

Non chiedo a chi ha un buon pensiero da dove viene, ascolto la storia e gli rubo le cose da rubare, e gli lascio le cose che servono al suo scrigno diverso dal mio. Questo giornale è le storie di raccontatori che raccontano storie non raccontate, di racconti diverse di narrazioni conosciute. Non è l’elenco puntuale di tutte le stelle del firmamento, ma il fermarsi su alcune e scoprirne le tracce e farle comete. Qui troverete contraddizioni, perché la vita non è un armadio ordinato, ma è il disordine per le mille occasioni possibili. Qui daremo asilo a idee orfane, ma anche a idee popolate. Lo immaginiamo come lo speakers corner di Londra, dove su di una “cassetta” in modo da no stare sul “suolo della Regina” puoi dire ciò che pensi, anche se pensi male, se sei a favore o contro la Regina. In un angolo fuori la sede della Camera dei comuni c’è la statua di  Oliver Cromwell che la testa al re l’ha tagliata. Dice che anche se ha perduto lui è stato e la sua idea c’è. Si chiama democrazia, parola difficile in un paese di ragioni e mai di torti.

Ospitiamo studenti, voci di cori differenti, e per questo la nostra linea editoriale è nei colori del mondo che i monocolori ci fanno impressione, ci lasciano sgomenti per gli argomenti che perdono. La diversità è bellezza, la coerenza ci rattrista e riempe i cimiteri. Saremo, come dicono a radio radicale, la voce delle voci, saremo la voce di chi non ha voce. Una vecchia malattia libertaria che conosce e capisci solo chi è stato educato nei monolite della verità. Questo è un giardino di idee, non una ghirlanda del pensare.

Buone letture.