Tre “europei” per tacer di isolamento e le sfide nuove

Tre “europei” per tacer di isolamento e le sfide nuove

29 Maggio 2019 0 Di Lidano Grassucci

Sono tre, “solo” tre gli europarlamentari di qui. Come se al parlamento della Londra imperiale gli aborigeni australiani occupassero il 5% della camera dei lord. Strana storia per una provincia così chiusa in se stessa che anche Aprilia vuole sbarazzarsene, e il sud non è da meno. Strana storia per una provincia in oggettivo deficit di classi dirigenti. Sono i miracoli di sistemi elettorali che forzano le realtà. Matteo Adinolfi, Salvatore De Meo e Nicola Procaccini hanno però tre carte da giocare se non vogliono trasformare la loro esperienza in fatto personale e non in “cambio collettivo”. Possono fare da catalizzatori di una nuoca classe dirigente, spazzando via le tossine della “seconda repubblica”, e il vaiolo della breve parentesi 5 stelle. Le tossine sono scadute anche dal punto di vista cronologico, il vaiolo si è manifestato in una forma così tenue da esser stato indifferente.

Adinolfi ci ha provato a fare una scuola di partito, gli va dato atto, ma poi le scelte si sono rivelate conservative e alla creazione di una consapevole classe dirigente si è passati alla cara di riposo degli ex An. Salvini e la sua forza nascondono questo limite, l’astuzia (e un poco di effetto c) distraggono, ma il problema c’è ed è forte. Salvatore De Meo può ingegnarsi per aiutare la nascita di un soggetto politico liberaldemocratico, ha il sindaco di Gaeta Cosimino Mitrano possibile alleato, e anche il senatore Claudio Fazzone ha ora non una creatura, ma un interlocutore forte, autorevole. Procaccini viene dalla militanza, è uno che ha memoria di partiti e movimenti politici valoriali, dove conta l’entusiasmo e non il calcolo, non deve farsi “risucchiare” dal potere per il podere, ma deve investire sul sacrificio per una idea di comunità e non di carriera personale.

Lo faranno? E’ il tema che si pone anche a sinistra dopo che Damiano Coletta a Latina ha “bruciato” l’innovazione generazionale e sociale che lo aveva portato alla guida della città capoluogo, rimane il metodo e la prova che è possibile. Esperienze come Tonino Terra ad Aprilia, come Villa a Formia con i limiti e i rischi dell’autoreferenzalità debbono essere coinvolte nella creazione di un dialogo progressista, con un partito democratico capace di inclusione, di ritorno alla progettazione culturale e sociale. La provincia di Latina, più che il Paese, non possono permettersi il cesarismo (Latina paga pegno a questo dalla sua nascita ed è il freno più forte al suo futuro), un investimento culturale, faticoso e lungo dove sono necessari tutti, nessuno escluso.

Altrimenti? Saremo la provincia che fa politica come si comprano speranze con i gratta e vinci.

Vignetta Catalina Stan