Il pianoforte di Ida (Panusa) a Borgo Faiti e la lezione del dono

Il pianoforte di Ida (Panusa) a Borgo Faiti e la lezione del dono

1 Giugno 2019 0 Di Lidano Grassucci

Questa è una storia personale, ma non solo. Come dire è uno storia che è venuta da sè per vie di ritorni, di ritorni della vita. Lei, Ida Panusa, è la mia insegnante di inglese del liceo (anche io sono andato a scuola, in quello scientifico Grassi di Latina che ti rimane attaccato per sempre) , non era insegnante facile, ma insegnante rigorosa. Metteteci pure che io sono, ed ero, in inglese una capra, ma di quelle di montagna e la bevanda è fatta. Ma cosa c’è dietro una rigorosa insegnante? Poi la vita me lo ha raccontato: sono stato amico e collaboratore del marito, Stefano Zappalà quando era in Regione  e l’ho seguito, prima e dopo, per il mio dovere di raccontare, dovere che rispetto ancora e che credo, mi accompagnerà fino alla fine del tempo che mi porto in dote. Poi lui è andato, lei mi ha chiesto solo il ricordo ad un anno dalla scomparsa, “un ricordo Lidano” mi ha detto, “di quelli che fai tu”.

Già, ne ho fatti tanti per via che in troppi vanno via, in questa via. E l’ho fatto: “lo faccio girare ai Lions ?”. La mia professoressa che faceva girare un mio lavoro (e di un somaro), che strana la vita nel suo rincorresi. Poi, poi, qualche mese dopo, mi arriva una foto. Lei ha donato il suo pianoforte, di fine artigianato siciliano, quello su cui ha imparato a suonare, alla scuola di Borgo Faiti, per far suonare i bambini, i ragazzi. Per sentire la bellezza di come suona il creato, un dono in una città, Latina, così senza alcuna voglia di donarsi, di donare.

Un pianoforte di Sicilia, una donna di Sicilia, meglio della nobile Siracusa o per onore di Ortigia, quell’ordine di secoli aperto al mare, dove la curiosità ha mille lingue, mille suoni, e dove accolgono con l’orgoglio di essere. Mi è parso bellissimo, un dono, il dono di un pianoforte, ai ragazzi eredi di macchine con gran rumore, dentro società di bellezze mute, dove non suona nulla, dove siamo asini di bellezza. Un piano nero, lucidissimo, che ti guarda con sapienza, con la pazienza della sapienza che farà di ragazzi impazienti, uomini e donne capaci di capire il brutto quando va cacciato e la bellezza quando c’è per restare.

Mi scuserà la mia professoressa di inglese se io, che somaro fui e sono, mi sono permesso di raccontare del suo dono. Ma la storia del pianoforte donato ai ragazzi mi ha dato la chiave per comprendere le parole di Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose:

Donare significa per definizione consegnare un bene nelle mani di un altro senza ricevere in cambio alcunché. Bastano queste poche parole per distinguere il «donare» dal «dare», perché nel dare c’è la vendita, lo scambio, il prestito. Nel donare c’è un soggetto, il donatore, che nella libertà, non costretto, e per generosità, per amore, fa un dono all’altro, indipendentemente dalla risposta di questo. Potrà darsi che il destinatario risponda al donatore e si inneschi un rapporto reciproco, ma può anche darsi che il dono non sia accolto o non susciti alcuna reazione di gratitudine.
Donare appare dunque un movimento asimmetrico che nasce da spontaneità e libertà.

La mia professoressa mia ha dato una lezione, grazie Ida

Nella foro Ida Panusa con la dirigente dell’Istituto comprensivo di Borgo Faiti Marina Aramini (anche lei alunna di Ida, ma molto brava di me in inglese).