Ode laica a Sant’Antonio

Ode laica a Sant’Antonio

13 Giugno 2019 0 Di Lidano Grassucci

Oggi è Sant’Antonio da Padova. Me lo ricorda un amico su facebook che mi sottolinea la sua devozione al santo. D’istinto gli rispondo che Antonio era il nome di mio padre, lo faccio senza pensare perché mi viene automatico collegare le cose a quelle del vivere mio, cosa naturale e mi vengono in testa pezzi di vita devota dentro un laico come me. Perché era dedicata a Sant’Antonio la chiesa vicino casa a Sezze, e mi ricordo le processioni che scendevano dalla chiesetta passano per ripide scale e dopo per una discesa prima da arrivare alla spianata e le fedeli stonavano “Nacque a Lisbona….” Poi il ritornello: “Sant’Antonio protettore…”. Quasi in estasi la fede era cosa che entrava dentro, nell’anima appunto. Il Santo aveva lo sguardo di gesso, ma portato a spalla pareva assumere movenze umane, era uno della processione, ma uno che contava e gli occhi non erano più di gesso ma pieni di pietà e in cuor loro ciascuna di quelle fedeli aveva qualcosa da chiedere, qualcosa da presentare. Riti nuovi ma non dissimili da quelli con cui il Santo era una qualche divinità della terra, contadini che sono sempre indifesi rispetto alle bizze del tempo, del signore, della terra e delle sue bestie. Gente, i contadini, che non hanno diritti ma sono in balia sempre di un qualche vento. Sant’Antonio era il difensore, era un paladino. Già come i paladini di Francia veniva a salvare, a difendere, a proteggere. Il sole di giugno dalle mie parti picchia duro, l’aria si ferma, senti l’arsura alimentata dal grano secco, che sembra alimentare la polvere, come a primavera alimentava il fresco.

Sant’Antonio piccolo stava anche sul comodino di nonna, era di gesso, l’anima in ferro, era caduto, chissà quanto tempo prima, e si teneva ad incastro con quel che restava del ferro dentro rafforzato con un cartone, toccavo il saio, la corona della cinta, aveva la testa un po’ incantata. Era uno di casa, un po’ malconcio dal tempo, ma i contadini non lasciano indietro nessuno.

Credo che mio padre si chiamasse Antonio per via del fato che era stato un miracolo lui, poi nonna non ebbe altri figli, e così è rimasto. Sento la voce delle donne che invocavano il santo che diventava “N’togno” perché era uno del paese. Poi da Padova venne mia madre, lei e i suoi erano lontani anni luce dai miei indigeni lepini, ma su Sant’Antonio non c’era discussione, la medesima devozione.

GiovanBattista Giorgi, comunista e devoto a Sant’Antonio fu eletto consigliere regionale, subito dopo lo spoglio non si trovava, era sparito, torno qualche giorno dopo. Era stato impegnato a sciogliere un voto, non quello con gli elettori, ma con il santo padovano. E’ uso ringraziarlo carezzando con una mano la sua statua distesa, lui lo faceva con due. Una signora disse: “buon uomo perchè fa così”. Lui rispose: “E’ troppo grossa la grazia che m’ha fatto”.

Forse per questo a 158 anni dall’unità d’Italia forse il ruolo di Sant’Antonio è stato sottovalutato. Sono laico, amo Cavour, Garibaldi e Mazzini. Ma pure Antonio il portoghese qualche legame lo ha intrecciato per fare questa Italia.

Auguri ad Antonio, ad ogni Antonio e a quello mio, un poco gagà, un poco per conto suo, ma si segnava la croce.