Giorgio De Blasi e Gabriele Orlandi, storie di mare e di aviazione

Giorgio De Blasi e Gabriele Orlandi, storie di mare e di aviazione

25 Giugno 2019 0 Di Emilio Andreoli

Questa è la storia di due aviatori che hanno avuto la stessa sorte sullo stesso mare, il nostro. A poche miglia di distanza l’uno dall’altro. Giorgio De Blasi e Gabriele Orlandi. A separarli due epoche diverse. Il primo nel mare di Littoria, nel 1935, il secondo in quello di Terracina, nel 2017. Entrambi amavano ciò che facevano, conoscendone i rischi. Uomini non ordinari che fatichiamo a comprendere davanti a un tastiera.

14 ottobre 1935: è lunedì e a Littoria c’è il sole. Una di quelle giornate dove sembra ancora estate, ma l’aria mattutina è bella frizzante. A Capo Portiere c’è silenzio, solo il rumore pigro del mare calmo. La gente è in città e non ha tempo di andare al lido. Un naviglio, incagliato, giace quasi vicino la riva, ha intatto solo l’albero maestro, il resto è mangiato dalle mareggiate e dal tempo. Quell’immagine sembra un quadro, trasmette pace, una pace quasi irreale.

Ma il silenzio improvvisamente è spezzato dal rumore di un aereo. È uno spettacolo vederlo, compie evoluzioni, voli radenti. Improvvisamente va in alto e poi scende in picchiata e poi risale, fa il giro della morte, poi ne fa un altro. Il terzo sembra non terminare mai, chi lo vede è estasiato da quell’eleganza, e forse è la prima volta che guarda volteggiare un aereo. Eccolo, ora sta scendendo, il colore argento della carlinga, colpita dal sole manda riflessi accecanti.

Ai comandi del velivolo, il giovane pilota militare, Giorgio De Blasi. È uno che ama sfidare il destino e se stesso, vuole arrivare dove non arriva nessuno. Non so perché, ma mentre scrivo mi viene in mente Daniele Nardi e le sue imprese. Giorgio sta andando giù, vede il mare avvicinarsi sempre più velocemente, vede il relitto, lo vuole accarezzare. Quella sfida è questione di centimetri, ma è troppo, l’ala tocca l’albero maestro del naviglio, lo spezza in due, e l’aereo si schianta nel basso fondale di Capo Portiere. Una colonna d’acqua, sabbia e fumo s’innalza altissima rendendo il cielo cupo. Per il temerario ragazzo non c’è più nulla da fare, muore sul colpo.

Non c’è internet, ma la notizia corre veloce in quel di Littoria. Il parroco Don Carlo Torello è il primo a partire per il lido, ed è lui che raccoglie la salma per portarla in città, nella camera mortuaria dell’ospedale civile. È una giornata triste per tutti. È il primo incidente aereo nella città nuova.

articolo dell’epoca

Un paio d’anni dopo

Si sono raccolte molte persone, lì davanti, dove è accaduta la tragedia, tra questi il papà del pilota, Sua Eminenza l’Accademico Professore Dante De Blasi, con la sua famiglia. Una folla di amici, militari e suoi compagni di scuola. Si inaugura un cippo di granito in suo onore, su una piccola duna, sulla spiaggia. È un opera molto semplice che è stata preferita, per i costi, a una scultura disegnata dal futurista Sibò.

Il maestro non la prende molto bene, e allora gli dedica un quadro, dipinto con il collega e amico Dario Di Gese che raffigura la tragedia di Capo Portiere. Poi donato alla famiglia dello sfortunato aviatore. Entrambi appartengono al gruppo futurista di Littoria e lavorano come geometri nel comune. Sono inoltre interpreti di rilievo internazionale per l’aeropittura.

Autori Sibò e Dario Di Gese

Di quel cippo si perderanno le tracce dopo la guerra. Forse buttato giù dagli alleati durante lo sbarco, oppure tolto per la scritta dichiaratamente fascista che domina sulla scultura. Una squadra di appassionati della storia della città di fondazione, composta da: Emanuele Bonaldo, Gianmarco Montemurro, Aldo Lendaro, Luciano Comelli, compreso il sottoscritto, sta cercando di ricostruire l’esatta ubicazione di quel cippo.

Ottantadue anni dopo

24 settembre 2017: siamo sul mare di fronte Terracina, c’è un’esibizione delle Frecce Tricolori, ma anche di piloti solisti. Uno di questi è un giovane cesenate di trentasei anni, Gabriele Orlandi, collaudatore dell’Aereonautica Militare. Anche lui, come Giorgio De Blasi, ama l’estremo, voli radenti e giri della morte. La stessa eleganza, certo è un aereo diverso, più veloce, ma lo stesso pericolo. Mentre si esibisce, prima dei colleghi delle Frecce Tricolori, va su, in alto, verso il cielo e poi giù in picchiata a folle velocità. Vede il mare che si avvicina, poi succede qualcosa, un guasto, forse un malore, chissà.

Terracina: il pilota Gabriele Orlandi si inabissa. foto Latinapress

Si inabissa davanti agli occhi increduli di migliaia di spettatori, tra cui la giovane fidanzata che rimane scioccata dopo la tragedia. Anche a lui, a un anno di distanza, viene dedicata una statua di bronzo in suo onore. Il papà Riccardo si commuove nel ricordarlo: “era un eroe”

Questa è la storia di due giovani aviatori che, nonostante siano separati da tante generazioni, hanno condiviso la stessa passione, lo stesso modo di sfidare se stessi, e la stessa cattiva sorte. Il nostro mare li ha attirati a se, in un abbraccio mortale.