Maturità col telefonino: Io ho copiato… dal mio maestro

28 Giugno 2019 0 Di Lidano Grassucci
  • :Quando conobbi il mio maestro non mi disse mai cosa fosse il rigore. Non mancò un giorno da scuola, mai. Quando conobbi il mio maestro non mi parlo mai del dovere, ma non si lamentò neanche una volta del lavoro, della fatica, dei pochi denari. Il mio maestro non mi spiegò chi era nel giusto e chi nel torto, ma chiese scusa quando si accorse che c’era qualcosa di storto. Non osò spiegarmi la storia dei vinti o dei vincitori, mi raccontò con parole normali di uomini eccezionali, ed io capii la differenza con la banalità.

Il mio maestro non mi disse: domani ti interrogo, ma mi parlò per anni ogni giorno e alla fine del discorso si fermò ogni volta e spese il medesimo tempo ad ascoltare se avevamo un altro modo di raccontare e quando dicemmo cose diverse, lui cancellò le sue dicendo “io sono stato voi sarete”.

Il mio maestro non usava parole difficili, non osava in latino, non si beava in inglese, ogni tanto faceva capirsi in setino.

Non chiamò mai un genitore, nessun genitore ebbe a ridire e per ciascuno fece la sua strada. Era di governo, ma ci fece rivoluzionari, era credente ma ci perdonò il dubbio. Era una persona che il giorno in cui lo conobbi mi guardo, a me bimbo, con il rispetto che si deve ad un uomo.

Quando copiavamo? Veniva e con pazienza ci faceva capire la deficienza di dire cose non nostre, come fanno le pecore e non gli umani.

Non copio mai, ma mi spiegò anche la lealtà: veniva vicino al banco e mi diceva, aiuta Maurizio. Lo avrei fatto comunque, ma così andò. Poi aveva un vinchio, un ramo che era fino fino, seminava non il terrore ma l’idea del rigore, e nessuno si fece mai male

Tutto qui, poi fate voi.

Dimenticavo, si chiamava Silvio Sacripanti e se penso capovolto è anche  colpa sua, o merito non so. Al resto pensò nonna e queste cose non si copiano.

 

Nella foto la mia classe delle elementari con il maestro Silvio Sacripanti