Il mare di Latina che se ne frega del giudizio della gente
30 Giugno 2019A vederlo così pare come schivo, non ha la mondanità del Circeo, la storia di Terracina e neanche la lentezza ricreativa, un poco noiosa, del silenzio di Sabaudia, è…
Il mare di Latina è una storia incoerente, una di quelle che se ne frega del giudizio della gente. Penso al tratto che da Capoportiere va a Rio Martino quello “salvo” da borghesi villette, palazzine da dopolavoro e cassonetti da immorali pulizie. Quello che è della fratta e da la schiena ad un lago dove magari riposa un mostro che mangia fiori.
Una striscia di sabbia tra acque differenti.
Il mare di Latina è:
popolare, nel senso che ci vai con la facilità con cui si beve una limonata;
riservato, non è fanatico per niente e la gente ci va per non dimostrare niente e la cosa lo rende intimo, selvaggio, un poco che se la pretende;
al vento, con le vele dei surf che paiono orecchie per ascoltare il parlare silente della gente;
senza rumore che quello delle auto si perde, quello delle moto va di fretta e la sirena dell’ambulanza, pure lei, pare con un’incredibile sordina;
la ragazza che pensa a chissà che e se lo può permettere contanto gli sguardi su di sè;
la corsa di un signore che ha problema di cuore ma non d’amore ma di cardioaspirina;
della signora che si perde e resta un poco dormiente e non sente niente;
del chiacchierare fitto nel bagnasciuga di due signore impegnate ad elogiare i nipoti andati per il mondo;
di due ragazzi che provano a sentirsi grandi, lui ingenuamente audace, lei di quella antipatia che hanno le ragazze belle e lo lascia illudere di condurre un gioco di cui è mosca e non ragno;
di 4 amici che giocano con la palla anche se non ne avrebbero l’età e neanche il fiato e si battono per far vedere che l’orologio è bastardo;
di un uomo che legge un libro ogni tanto si perde, poi guarda intorno e non resta indifferente, che nelle parole dello scrittore sudamericano cerca il modo di dare un senso ad una vita che era meglio passare di mano.
Ora si fa sera e cambia l’atmosfera, passa un aereo e il pilota ti saluta con la mano come atlantico di Italo Balbo e da lontano la maga a dormire per un sogno sul mare che Ulisse prima o poi tornerà a chiedere un amore che lei vuole dare. Sbatte l’onda, pare un selvaggio puledro americano la signora col cappello ha preso la bicicletta e incrocia un culturista innamorato della sua forza così impotente per quanto lucida al ponente.
Un fascino così denso che ti lascia in bocca il sapore di eucalipti a seccare.