Marco Omizzolo e don Francesco Fiorillo a Priverno: a proposito di inclusione

Marco Omizzolo e don Francesco Fiorillo a Priverno: a proposito di inclusione

18 Luglio 2019 0 Di Fatto a Latina

Marco Omizzolo e don Francesco Fiorillo il 15 luglio scorso hanno portato il loro contributo a Priverno, nell’area archeologica, nell’evento “Privernum incontra il mondo” organizzato dal comune in collaborazione con gli operatori legati al progetto di accoglienza partito nel 2014 con il progetto Sprar e che ad oggi vede coinvolti 3 Cas nel paese lepino.

Privernum incontra il mondo

L’appuntamento, nato per ragionare su temi sempre più attuali dell’accoglienza, dei diritti umani e dell’inclusione si è rivelato un momento dove sia Marco Omizzolo che don Francesco, ognuno a suo modo, hanno sottolineato le parole da tener ben presenti quando si affrontano questi temi.

Sconfinare nel fanatismo quando si affrontano questi argomenti è alquanto facile, come altrettanto facile è la strumentalizzazione, sia a destra quanto a sinistra della politica spicciola. Troppo spesso alcune parole sono più che usate forse abusate e proprio questo è venuto fuori e sia Marco Omizzolo che don Fabrizio Fiorillo hanno incentrato i loro interventi su alcune parole chiave su cui riflettere.

Marco Omizzolo: “memoria”, non dimenticare e porsi domande

La parola “memoria” è stata quella su cui ha ruotato l’intervento del sociologo pontino a cui è stato conferito il titolo di cavaliere dell’ordine al merito della repubblica italiana a seguito del suo impegno nella lotta al caporalato in provincia. Per questa sua attività ha subito più volte minacce ed avvertimenti.

Marco Omizzolo ha sottolineato l’importanza della parola memoria poiché bisogna ricordare quello che è successo e porsi delle domande, chiedersi perché accadono alcune cose e come si sarebbero potute evitare e cercare di agire nel merito.

Riporta come esempio un’esperienza di fallimento dell’accoglienza uno degli ultimi episodi di cronaca che ha visto vittima il ragazzo nigeriano di 23 anni investito mentre andava a lavorare nei campi qualche settimana fa.

Marco Omizzolo:

“Quella è un’esperienza di fallimento del sistema perché quel ragazzo anziché trovare accoglienza ha trovato in Italia una situazione di sfruttamento del lavoro. Durante i miei incontri con i migranti questi mi raccontano ogni volta un pezzo di identità di questo paese. Dai loro racconti viene fuori una fotografia dell’Italia. Io non dimentico a chi hanno spezzate le gambe in questa provincia perché si è ribellato alla situazione di sfruttamento. I migranti che vengono sfruttati nei campi, nei casi più gravi spesso si trovano davanti a un bivio: suicidarsi o ribellarsi.”

Racconta che negli ultimi tre anni ci sono state persone che si sono suicidate nelle serre di questa provincia.

“In questa fase bisogna agire da partigiani, che significa prendere parte.”

Il sociologo si pone da solo una domanda, la stessa che racconta che qualche volta gli è passata per la testa:

“Chi me lo fa fare?  

La risposta la trovo nelle persone che incontro.
Se chi lo sfruttamento lo ha vissuto crede di poterlo combattere, se c’è lo sforzo da parte loro di spezzare quelle catene, posso farlo anch’io.”

Don Francesco Fiorillo: bisogna non essere tiepidi

Don Francesco punta invece il suo intervento sull’ipocrisia legata alle parole che solitamente vengono usate in questi contesti. A suo avviso la parola accoglienza è legata all’egoismo umano di sentirsi a posto con la coscienza nell’accogliere. Ritiene invece che deve essere sostituita con “raccogliere” nel senso di prendere quello che l’altro può darci a livello di esperienza umana.

Ed è stato poi questo il fulcro del discorso, tornare a guardare l’uomo, non il migrante, per quello che è: un essere umano. Spogliare i discorsi dagli aggettivi che non servono quando si parla di uomini.

Un altro concetto che  il referente di Libera ha voluto sottolineare è stato quello che la differenza tra gli uomini oggi non la fa l’essere credente o meno, ma ciò che distingue un uomo da un altro è la capacità di fermarsi davanti a un uomo che giace a terra tramortito o passare dritto.

Don Francesco:

“Bisogna essere capaci di prendere una posizione, non essere tiepidi, non stare nel mezzo inerti. Prendere una posizione in questa guerra ai poveri e non restare indifferenti.

Oggi quello che serve sono meno chiacchere, meno proclami e anche meno rabbia. Bisogna porsi sempre delle domande.”

Cita poi don Milani:

“Fa’ strada ai poveri senza farti strada tu.”

Questo un altro punto di riflessione dato ai presenti oltre a quello di sostituire il termine accoglienza con “raccogliere” e integrazione con convivialità, convivenza.

La nuova legge regionale sui trasporti gratuiti ai migranti

L’assessore regionale Enrica Onorati, presente all’incontro, ha affrontato il discorso dei trasporti gratuiti regionali e locali previsti dalla nuova legge che la Regione Lazio ha messo  a punto per combattere il fenomeno del caporalato. Della app a cui lavoratori e datori di lavoro possono registrarsi che mette in contatto lavoratori e aziende, per riuscire ad evitare intermediazioni.

Lo sfruttamento del lavoro e il lavoro nero

Il trasporto pubblico gratuito e la app in questione sono solo due tasselli  per cercare di risolvere una questione ben più ampia che vede protagonista lo sfruttamento del lavoro. Sfruttamento del lavoro che coinvolge non solo migranti ma anche molti ragazzi in Italia che spesso aggirano la questione andando a lavorare all’estero. Su questo la politica dovrebbe interrogarsi ed agire per arginare così anche i fenomeni di intolleranza ed evitare strumentalizzazioni politiche sul fenomeno dell’immigrazione stessa.

Se è vero che i migranti vengono sfruttati, sottopagati e così costretti a vivere in situazioni più che precarie, ai limiti della schiavitù, è altrettanto vero che un sistema di controllo sul lavoro nero in Italia è poco efficiente.

Non solo nei campi ma anche dentro gli uffici, sui cantieri. Lo conferma il fatto che molti ragazzi dopo la laurea decidono di trasferirsi in altri paesi per avere possibilità di realizzarsi.

Il ruolo della politica e le domande da porsi

Se si vuole risolvere il problema dell’intolleranza la politica deve ragionare sulle cause che possono essere alla base ed agire nel merito e porsi delle domande a cui cercare di trovare soluzioni.

Le migliaia di ragazzi che con una laurea in tasca si trasferiscono all’estero trovano una possibilità che non è la stessa che troverebbero in Italia. Perché? C’è correlazione tra la rabbia che monta nei confronti dei migranti e la mancata opportunità di crearsi un futuro in questo paese?

Il fenomeno del caporalato si è cronicizzato al punto di arrivare in alcuni casi a situazioni disumane di schiavitù coinvolgendo i soggetti più deboli, ma esisteva da tempo.

Presenti all’incontro i rappresentanti delle cooperative La Sponda, Astrolabio, Diaconia con gli operatori e i ragazzi, il sindaco Anna Maria Bilancia, l’assessore Sonia Quattrociocche. Dopo la tavola rotonda la serata è continuata con letture ed intermezzi musicali.