Stefano Cardillo: vorrei che i miei amici tornassero

Stefano Cardillo: vorrei che i miei amici tornassero

18 Luglio 2019 0 Di Lidano Grassucci

In seguito al mio articolo sulla fuga dei ragazzi dall’Italia e da Latina, ha scritto una breve nota con le sue considerazioni Stefano Cardillo. Lo pubblico come lo ha mandato perché altrimenti sarei incoerente con l’idea che i giovani debbano parlare, gridare ed incazzarsi. Sono vecchio ma ho fatto la mia da giovane, eravamo anche indiani metropolitani, rivoluzionari scalzi, ma abbiamo trasformato la nostra sconfitta nella sconfitta dei giovani a venire e con loro siamo in debito, in debito di sogni.

I ragazzi se ne vanno. Lasciano casa, e terra che li ha cresciuti.

Dicono siano 160 mila i ragazzi italiani negli ultimi cinque anni andati altrove. Un paese il nostro che prima li forma con precisione e poi li abbandona con indifferenza, non assicurando loro opportunità e possibilità. Un paese che non dona speranza, che ha dimenticato quanto sia necessario ricordarsi dei sogni.

Ma io voglio scrivere della mia città. Dei miei amici che sono andati via e che probabilmente non torneranno. Di cui a nessuno sembra importare.
Io perdo amici e persone che amo, ma i genitori perdono figli, i nonni nipoti, gli innamorati gli amati e la città perde idee visioni e gioventù che dona vita e futuro in un presente di vecchiaia e passato. Eppure a nessuno sembra importare.

Li ho criticati i ragazzi che abbandonavano la nostra città. Per me è una resa la loro. Una riconsegna delle armi, senza neanche aver impugnato quelle armi, senza aver neanche combattuto. Ho sbagliato, probabilmente.

Ma io ho sempre creduto che bisognasse restare per lottare e cambiare la propria terra. E ci credo ancora.

Eppure oggi li capisco quei ragazzi, e con un pizzico di rammarico ammetto che vorrei aver fatto lo stesso. Andare via. Soprattutto ora.

Perché se le persone più in gamba e che più ami se ne vanno, per chi vale la pena combattere? In fin dei conti lottiamo per chi amiamo, per l’amore, mica per noi stessi.
Io ho scelto la politica come arma con cui lottare. E l’amore lo trovo nella mia terra e in chi come me ha deciso di restare. Ma soprattutto trovo l’amore per cui combattere nel sogno della mia visione. Nella visione della città che vorrei costruire.
Ognuno scelga la propria arma, combatta con la sua passione e per il proprio amore.

Costruiremo una città che sappia accogliere chi è andato altrove, che tornato a casa sarà orgoglioso e innamorato della sua terra.

Stefano Cardillo

Nella foto i ragazzo del movimento del ’77, gli indiani metropolitani a Bologna