Il cimitero di Sezze e l’aceto

Il cimitero di Sezze e l’aceto

20 Luglio 2019 0 Di Lidano Grassucci

Leggo di Sezze con dolore, leggo di anima violata. Mi scuserete se dirò a latere, ma mi capirete.

Amo i fiori ma non uccido i boccioli, amo i colori ma non rubo la rugiada.

Se entri nel cimitero di Sezze, davanti, ti trovi una scala, ripida come salire dove senti la pena, sono consumati i gradini. Lungo la scala le stazioni di un ultimo viaggio per un uomo, del primo viaggio di un Dio. La bellezza e la cosa brutta stanno così vicino, quasi si toccano.

Mio padre stava perdendo il fiato, ma mi chiese di salire, lì in alto ci sono i suoi “ricordi”, si fermò tre volte, poi altre tre, si appoggiò per la prima volta a me, cantavano le cicale a rompere un silenzio ancestrale, e sto piangendo. Sapeva, sapevo, che non ci sarebbe stata replica, il ritorno non era contemplato. Ci sono cose ultime che, sempre, si avvicinano.

Leggo di Sezze con dolore, era tutto così lento che quasi era fermo questo salire. Lo so che c’è chi non sale ma assale, ma credo che non sia così brutto il mondo.

Quando è arrivato su è sceso di pochi gradini e davanti la foto di padre di padre, io di lato a lasciare il tempo loro a queste cose a parole che sono di poeti pieni di vino, poi ancora su e la madre che guarda diritto, matrona più che dama, mai doma.

Si piango amici miei, e capirete la ragione, ho scritto di fiori non amo chi li recide, chi urla offesa a questo posto così domo.

Dice che facevano rumore i zoccoli, io non li ho sentiti, ho sentito le cicale, questo si, ho sentito il fiato grosso del viaggio.

Leggo di Sezze con dolore, il carabinieri mi dice “cose cattive”. Sapete non ho timore di niente sono malfattore, ma mi spiace l’offesa del prepotente, il silenzio di chi non è innocente e tutto intorno è neve di luglio.

Questo era un posto dove pregavi, dove niente non era divino, ora c’è odore d’aceto.

 

Foto: Il Setino, e ringrazio sempre Ignazio Romano