A sei anni dalla scomparsa di Rita Calicchia, la foto di un saluto

A sei anni dalla scomparsa di Rita Calicchia, la foto di un saluto

21 Luglio 2019 1 Di Lidano Grassucci

Sei anni fa moriva Rita Calicchia, nel cercare tra le mie cose ho trovato questo breve mio ricordo scritto allora. Non amo la retorica, Rita era donna difficilissima, professionista rigorosa, carattere da vendere ma appunto, non facile. Vi ricordo quel mio ricordo per quanto possa valere, per me significava e significa

 

Le chiese, non le frequento per vie di forse troppe frequentazioni. Le chiese ora sono, per me, luoghi di saluti. Di quell’ultimo “ciao” che lasci ad un amico, ad uno della tua gente e ogni ciao è un poco un salutare te stesso.

Se ne va un pezzo di te ad ogni salutare e sei più solo, un poco di più. La chiesa oggi era così pulita, non c’erano orpelli barocchi, quasi fosse una cosa di rigore protestante, più che da dimostrazione cattolica.

Non ero lì per la mia coscienza, notoriamente sporca per me, ma per dire del mio pezzo in un’altra vita. Nei muri il rigore dell’intonaco e in fondo dietro l’altare la croce e il buon pastore. Già, un Dio che è guida di un gregge e non tiranno di un popolo.

Sono qui e girano immagini della mia amica andata via, e troppo presto, della gente che sta lì come me per il suo pezzo. Dicono che era buona, io credo sia stata lei con i suoi limiti e le sue virtù, con le sue piccole cose e le sue generosità. Le parole che si dicono alla fine spesso sono avare della vita.

Questa mia amica è stata puntigliosa, rigorosa, con angoli acuti e non era facile. Io ci andavo d’accordo per questo, il tondo non mi piace. E la cosa che più la rappresentava era il rigore spigoloso di questa Chiesa. Vengo da un paese in cui le chiese sono merlate, fatte barocche dal tempo, piene di Fedi per cervelli gesuiti, impietose di pietà di sudore. Grazia di studio e non di fatica. Lei era fatica invece. Guardo questo mondo, che è il mio, facce incontrate e rincontrate, sfide vinte e sfide perse, la ricerca di dire qualcosa in una città nata per genocidio e non per libertà.

Ricordano la Santa del martirio Maria Goretti, quella Santa che fa tali tutte le donne che difendono non virtù, ma dignità. La chiesa di oggi era così intonata a lei che era giusto salutarci qui.

La foto è della pagina facebook del Comune di Latina