Pd-Lbc, il dialogo che ha bisogno di popolo e della “Grande Latina”

Pd-Lbc, il dialogo che ha bisogno di popolo e della “Grande Latina”

2 Agosto 2019 0 Di Lidano Grassucci

Il Partito Democratico manderà una delegazione trattante da Damiano Coletta che, dal canto suo, ha compreso l’isolamento. Parlare è sempre bene, il creato è iniziato col “verbo” e veniamo al mondo con gran rumore, lo lasciamo in silenzio. Ma, mi permetto, di dire la mia sul percorso, sul ruolo delle diplomazie. Perché il confronto politico non nasce sull’onda dei “matrimoni” tra case regnanti (nella prima guerra mondiale si fecero guerra atroce tra cugini), ma dai popoli. Bisognerebbe creare il terreno, poi il seme. Socialisti e comunisti in Italia furono anche divisi sul governo, ma dialogavano nel sindacato, nei comuni, nelle case del popolo, nelle cooperative, nelle province, nelle regioni, nell’Arci anche litigando ferocemente. E’ questo che manca la rete, tutto è ridotto a persone mai il popolo. Anche il movimento di Damiano Coletta nato con una forte connotazione partecipativa, aveva anche una sede in Corso della Repubblica, ora è lui, il sindaco, con il suo governo. Dialogare significa altro da un incontro, fare discussioni su temi, allargare la prospettiva. Esempio a Sezze dove Coletta ha due consiglieri di opposizione, visto che si parla… Poi c’è l’esperienza di Aprilia con Antonio Terra, perché non “elaborare” una idea di “Grande Latina” e mettere insieme lui, Coletta, Sergio Di Raimo da Sezze, Carlo Medici di Pontinia (è anche il presidente della Provincia). Con il sindaco di Norma, con l’astuto lepinissimo sindaco di Bassiano Memmo Guidi? E perchè no con Annamaria Bilancia sindaco di una Priverno che sente forte l’attrazione di Frosinone che pensa ad allargarsi a città metropolitana di oltre 100,000 residenti.

La politica si fa ad allargarsi non a stringersi, la politica rilancia. Si fa con occasioni di contaminazione, non con parate di forza. Le convergenze stanno nell’idem sentire, non in legittime ambizioni personali. La politica elabora pensiero per fare opportunità lì dove pare non esserci che niente. Se ci si fermava all’esistente non ci sarebbe stato mai il dialogo tra i “difensori dei preti” i democristiani e i più grandi mangiapreti della storia, i socialisti.

Da quell’impossibile nacque l’esperienza politica più innovativa il centrosinistra (cattolici, laici e socialisti) di questo paese, sulla carta era impossibile, e nel presente lo era, nel passato ancor di più, ma loro si misero d’accordo sul futuro che è tempo da costruire e non da rivendicare. Nessuno si snaturò, io socialista ancora penso male dei preti e dei sacrestani, ma il Paese divenne più giusto (Statuto dei lavoratori, scuola media unica, energia elettrica ovunque e per tutti, accessi liberi all’università, sistema sanitario universale, partecipazioni statali e lavoro). Questo servirebbe elaborazione del futuro, non rivendicazioni di tristi presenti e pensare alla grande.

Tra la destra e la sinistra c’è un abisso incolmabile, perché la destra vi dirà sempre che è pronta ad aiutare chi resta indietro – e lo scrive sui manifesti, – la sinistra invece non chiede aiuto per loro, ma li fa camminare con le proprie gambe.

Pietro Nenni

Nella foto Moro e Nenni, primo governo di centrosinistra organico (con socialisti ministri)