Elogio alla rana il vero simbolo di Latina e storie di granunchi

Elogio alla rana il vero simbolo di Latina e storie di granunchi

9 Agosto 2019 0 Di Lidano Grassucci

La Serenissima ha per simbolo un leone, quello di San Marco che porta pace, leggi e affari. Quello di Torino è un toro, che è la potenza creativa di una città che ha inventato: l’Italia, il cinema, l’automobile, il telefono, la gianduia. Il simbolo di questo piano non  può essere una piccola torre di 21 metri, è una diminuzione. Il simbolo giusto sarebbe un altro e mi spiego. Il mio amico Massimiliano Vittori pubblicava un  giorno sì ed uno no una foto di un “ganunchiaro” (cacciatore di rane), lo sfottevo così tanto che me la regalò ad un compleanno. Una volta venne a trovarmi a casa a Santa Fecitola il mio amico Damiano, doveva restare a dormire, ma non dormiva. Verso le tre mi fa “e Li, ma che su se cose che cantano”. Gli risposi “quelle che te magni agli piatto”, lui era goloso di rane. Mio padre mangiava il brodo di rane che gli preparava nonna quando stava male e doveva restare leggero. Il brodo di rane era cosa di lusso, cosa che andava capita.

Confesso che fui anche io cacciatore (sfortunato) di rane, per sostenere il corteggiamento a Maria (una ragazza friulana che lavorava nella sartoria di mia madre) di Filippo, setino doc che abitava a via Corradini a Sezze a 100 metri dal Comune dove lavorava e “per caso” passava a Latina. Prendevamo la lumaca, quella con la casetta, (la chiammaruca che è diversa dal ciammotto che una casa non la tiene) la “sfrattavamo”, la legavamo nuda ad un filo attaccato ad una canna e iniziava la “pescacaccia“. Indivuduata la rana che stava a pelo d’acqua e sull’erba che cresce nei canali la provocavamo, come fosse una mosca. La rana resiste, poi un balzo e prendeva la preda, lì scattava la trappola: con la canna la tiravamo di scatto verso la mano senza canna e la rana era “fritta”. Va da se che io ne beccavo poche, Filippo andava meglio. La rana segnava le notti d’estate, i girini facevano vivi i canali. La rana da piccola è un pesce, poi si fa anfibio si trasforma un poco come la terra nostra.

La rana era l’unico rumore della palude, dominava. Ora le rane non ci sono più e le notti sono un poco più sole in questo piano, ma io certo non ho contribuito alla loro scomparsa con le battute di “pescacaccia”. Sono tornate da un poco le lucciole, ma le rane no.

Ecco mettiamo la rana sul simbolo di Latina, è più vivo è più audace, è più vero. In araldica la rana vuol dire “capace di vivere sia in terra che in acqua, simboleggia l’uomo prudente che sa adattarsi a tutto”. Che ha un senso per come siamo, meno una minitorre.

Poi la rana è figlia di metamorfosi meravigliose, in franzese rana si dice “grenouille” che suona come il “granunchio” setino. La rana fa incontrare mondi, segna memorie di mondi

Nella foto   la rana di verde coronata d’oro della città di Vahle in Germania