Bollino rosso, benvenuti nell’afa dell'”affogafiato”
12 Agosto 2019Qui siamo al bollino rosso, fa caldo. Barbanera prevedeva in questi giorni “caldo, caldetto, caldon”. Siamo, palesemente a caldon. C’è una bella espressione che misura il caldo percepito, come usano dire i giornalisti “seri”, che a me piace tanto “affogafiato”. L’affogafiato è la sensazione che provi se vivi in questi posti dove il caldo si sposa con l’umido, dove non si cammina si nuota, dove non servono i polmoni ma le branchie. Affogafiato è questo sentire che ti manca l’aria e l’aria che c’è non di aiuta a raffreddare il corpo, che sale sale. A 38 gradi raggiungi la temperatura del corpo, siamo a 34 con il 53% di umidità, vento quasi inesistente.
Bisogna trovare dove spira e anche lì, spira caldo ma almeno asciuga. Questo posto si capisce solo d’estate, d’inverno si nasconde, a primavera e in autunno fa finta di essere docile, è cattivo ora, ora che ti affoga il respiro, ti toglie il fiatare.
E’ l’anima di un posto dominato da sole, acqua e selva. L’ho imparato dai miei vecchi che di questi tempi si fermavano, letteralmente, evitavano ogni cosa, non è tempo di affanno, non è tempo di furie, è tempo che ti devi fermare, non devi muovere perché è fatale.
Capite perché per i romani ferragosto è festa, è il tempo che non si può fare nulla. Cantano le cicale, le rane spero che torneranno, ma non fate nulla non è tempo.
Za Pippa, mia nonna, prendeva la mezza sedia (sedia con le “gambe” tagliate, una sorta di lupara dell’ozio) e cercava ostinatamente i refoli di aria, si aiutava con un fazzoletto che asciugava e, se serviva, faceva da ventaglio e si aiutava con il lamento “ohi cetto che fa callo… me sta a venì iaffogafiato”. Cosi esorcizzava questo tempo che ha un unico rimedio, deve passare fino all’arrivo del primo temporale che sarà il vagito di un nuovo ciclo, poi l’uva, il mosto e… si respirerà.