Storie d’agosto: manca la parola

Storie d’agosto: manca la parola

22 Agosto 2019 0 Di Lidano Grassucci
Entro in una chiesa di quelle “dimenticate”, perse nella campagna di qui che si fa grigia, quando è grigio, anonima che non vedi oltre il primo albero a sinistra (c’è sempre una seconda stella destra che indica da dove devi tirare diritto fino al mattino). Pulita di un fresco inventato per un antico imbrattato, ma con una sua grazia. Qui il Signore non doveva dimostrare grandezza, come nelle cattedrali, ma umiltà per umile pensare. Un Dio contenuto, il sacerdote sta parlano, gesticola, cerca di parlare con un mondo distratto, che velocizza, spariglia, fa di “chiese” monadi, di “comunità”, solitudini. Anche lui, il sacerdote, sarà solo nella sua ricerca del miracolo. Parla, capisco poco, capisco meno ma indica che la parola è femminile. Dio si fa uomo per donna, Dio parla agli uomini per parola. Il sacerdote continua, il suo ragionare si fa complesso nella complessità di una Fede lunga una umanità, ma resta quel principio, quell’incipit, quel bisogno di utero per far nascere, della parola.
La parola che fa umano, che è degli uomini, che è quello che fa uomini. La parola è miracolo che passando di bocca in bocca fa fotografie del presente, affreschi sul passato, follie sul futuro.
“Di soltanto una parola ed io sarò salvato” recitano nelle messe. Fa caldo, tutto è surreale. Il piano si oscura, le ombre si adombrano, la pioggia è come polvere che si posa sul viso, poi fa gocce lungo il viso. Cielo non si vede. La parola, già la parola, senti la prima parola di madre, poi di madre in madre. Parola, la parola non avevo mai pensato alla parola come madre, madre del pensare. Chiese dimenticate, manca la parola.