Latina, il comune, gli avvocati comunardi “attaccanti” ma paga Pantalone
31 Agosto 2019Che ne pensereste se sul giornale uscisse che la Marina italiana ha bombardato la sua base di Taranto e la stessa Marina ha risposto al fuoco contro se stessa con le batterie costiere, se gli americani a Pearl Harbor si fossero autoattaccati mentre i giapponesi pescavano a largo. Perché stamane ho letto un articolo di Marianna Vicinanza su Latina Oggi che raccontava dell’incarico dato dal Comune di Latina a degli avvocati per difendersi dai suoi avvocati, dall'”attacco” della sua avvocatura. Mi sarei messo a ridere se non fosse che la cosa costa al Comune 20.000 euro di parcella e mi sono ricordato di un principio espresso dalla signora Margaret Hilda Thatcher, lady di ferro, che diceva: “non esistono soldi pubblici ma soldi dei contribuenti”.
Non entro nel merito della questione, non mi interessa neanche di torto o ragione ma dei 20.000 euro sì. Mi spiego con quei soldi si potevano comperare i libri a 400 bambini delle elementari, si potevano riparare 4 chilometri di strade magari evitando che qualche motociclista si facesse male, potevano dare incentivi agli operatori del pronto soccorso del Goretti, potevamo prendere un pulmino per i disabili, potevamo fare una festa in centro, potevamo… e non possiamo perché abbiamo un contenzioso sul regolamento tra chi governa il Comune e chi dovrebbe farlo funzionare.
Non c’è più l’orgoglio del proprio lavoro, i carabinieri l’8 settembre del 1943 rimasero nelle stazioni a fare i carabinieri e non sapevano neanche se e chi li avrebbe pagati, ma loro non servivano la paga ma la Patria.
C’è una canzone, non si studia a giurisprudenza, manco a medicina, che cantano in sardo gli uomini della Brigata Sassari che il Re chiamò a morire nelle trincee del Carso. Non chiesero nulla, neanche se la guerra era giusta o meno, ma di gridare all’assalto non “Savoia”, ma “Sardegna” e morirono per l’Italia e i Savoia. Da allora possono cantare in sardo e marciando recitano
” Sa fide nostra
no la pagat dinari
aioh! dimonios!
avanti forza paris”
Questa nostra Fede non la pagano i denari, demoni, avanti insieme.
Il senso del dovere, non il senso del potere, il senso delle istituzioni, il rispetto dei contribuenti.
Qui non ci sono ragioni o torti, non c’è il rispetto.
Il ministro Giovanni Lanza si trovava a Roma dal suo Monferrato a servire lo Stato e il Re, scrisse al padre annunciando che aveva finito i denari e doveva tornare a casa, perché per lui era nobile servire, non era potere non era denaro.
Questa mia Patria non ha bisogno di eroi, ma di uomini con il senso delle cose. Ho letto una cosa brutta e capisco la difficoltà della bravissima Marianna nel raccontarla.
Questo non mi fa dare ragione all’amministrazione, anzi. La mia è questione etica, di dignità del ruolo di “difensore del Comune” e di “dignità del Comune ad avere validi difensori”.
Nella foto la lapide a ricordo di Giovanni Lanza vcino alla bocca della verità a Roma