Roberto Cecere suona la sveglia alla città dei sogni

Roberto Cecere suona la sveglia alla città dei sogni

31 Dicembre 2019 0 Di Maria Corsetti

Sono passati esattamente venti anni dalla vigilia del terzo millennio, intorno a una tavola imbandita c’è in gran parte la generazione che si prepara ad affrontare i venti-venti con la curiosità di chi è nato quando televisione e telefono in casa non erano per nulla scontati e anche il citofono poteva essere un optional.

Sarà la chiave di questo vissuto, di chi ha visto il mondo cambiare con scatti da centometrista, che, si può dire, giustifica l’ottimismo, per quanto cauto ma ottimismo, con il quale Roberto Cecere, segretario generale della Cisl di Latina, racconta un po’ il territorio, un po’ il sindacato, senza dimenticare sogni e progetti, con la forza ancora di insistere sulla Roma-Latina e un aeroporto forse oggi già superato, ma perché non sognarlo.

Una visione onirica, ma tutto sommato fattibile, quella di una università che non sia solo La Sapienza, ma anche Roma 3 con il DAMS. Perché Latina è una città comoda, con i servizi a portata di mano, meno costosa delle grandi città. Qui c’è tutto e davvero. Compresi i grandi misteri, come quello dei 35 ettari dell’area termale o anche lo spazio enorme lasciato da Nexans a Borgo Piave e di cui nessuno parla più.

La Cisl è un sindacato e Cecere parla da imprenditore, non lo dice chiaramente, è probabile che sia talmente ormai abituato a farlo da non rendersene neanche conto, ma la sua narrazione tradisce un’imprenditoria da tempo scollata da tutto ciò che la circonda, che non ha più voglia di proporre. Qualcuno potrebbe aggiungere “semmai ne abbia avuta”.

Il testimone della fantasia passa al sindacato che, dopo aver sciorinato i nodi cruciali, quelli oggetti di convegni, dibattiti, fiumi di inchiostro e foreste di carta, come le infrastrutture e lo sviluppo della Marina, parla di un grande museo, di una bella mostra, di arte. Torna a parlare di siti dismessi che qui di archeologia industriale ce n’è, e tanto c’è da raccontare e tanto ci sarebbe da fare.

Una narrazione da Groundhog Day in un’atmosfera da Day after superato. Da una parte il giorno che si ripete sempre uguale, tra le infrastrutture che non ci sono e la filiera politica che anche quando c’è come una vera stella rimane a guardare, dall’altra si cammina sulle macerie di una crisi che ha risparmiato davvero poco, ma l’ottimista pensa a ricostruire.

Così Cecere parte con i numeri, quelli che si tradurrebbero in occupazione e lavoro se partissero i cantieri della Roma-Latina, che devono partire entro il prossimo novembre, sennò addio ai finanziamenti. Per uno che negli anni neri della crisi ha passato tante albe davanti alle fabbriche che chiudevano, non deve essere esattamente facile.

Si riparte dal venti-venti? Oppure quest’anno segnerà l’ennesimo capolinea di un progetto?

Le metafore in termini di palude e di bonifica sono anche troppo scontate. Ma se proprio ci si vuole misurare su questo, sarebbe anche il caso di ricordare che Latina è stata fondata a giugno e inaugurata a dicembre. Eh, ma allora c’era la dittatura. Ottima idea che si ha della democrazia.

 

Nella foto: Roberto Cecere