Paolo Brunori e questa maledizione di scrivere

Paolo Brunori e questa maledizione di scrivere

9 Gennaio 2020 0 Di Lidano Grassucci

Mi alzo, fa freddo ma c’è un sole che promette. Il sole d’inverno è una ipotesi di gioia è una cambiale a questo giorno che si fa prossimo. Accendo il cellulare per “cominciare”, c’è il messaggio di Saverio Forte un mio collega che posta un articolo di Alessio Porcu. Parla, l’articolo, della scomparsa di Paolo Brunori. Direte chi è? E’ quel collega che con fare vulcanico creo la rete di giornali locali di Giuseppe Ciarrapico, è il papà nobile di una esperienza editoriale che dura ancora oggi. Insomma uno dei papà della mia generazione di giornalisti in questo pezzo di mondo che è il Lazio del sud, Latina e Frosinone. Aveva 88 anni ed è sopravissuto di poco a Luigi Cardarelli che insieme a Umberto Celani erano i bracci operativi del progetto folle di fare una “opinione pubblica” a Latina e Frosinone.

Ma? Penso che quando nella vita finiscono i padri, sono i figli che diventano padri e si trovano in prima linea con la vita. Siamo passati da figli a orfani professionali, alle prese con le regole di “disingaggio” da un lavoro che ti ruba la vita, letteralmente, che te la segna “inevitabilmente”. Che… mi viene da condividere e telefono a qualche vecchio collega ancora in campo, sento il medesimo sentire. Brunori era allegro, un vulcano, espansivo quanto burberi i suoi bracci operativi, quando arrivava “destabilizzava” le gerarchie. A scrivere era rapido, quasi marginale il farlo, quanto per altri era lento e meditato.

Va da se che lo capivo, ma capivo l’angoscia interna che hanno le persone che mentre fanno pensano ad altro fare, mentre fanno si danno da fare.

La redazione era un rumore da “officina” di Olivetti meccaniche, era sbattere di “martelletti” sui fogli che rimanevano “impressionati” da lettere con  cui sarebbero vissuto, tanto o poco “comunque” per sempre.  Ecco noi fummo quella carta segnata da quei “martelletti”, destinata a condividere una sorte.

Il sole resta, la città per chi viene dalla campagna seppur deserta pare vivace, penso ai ragazzi che come noi ragazzi cci hanno visto lavorare e mi viene a pensare al silenzio delle redazioni di oggi, alla morte dell’ironia, all’idea che c’era (o c’è?) anche un modo divertente di fare questo sporco lavoro.

Indro Montanelli alla domanda di un ragazzo “Ma lei ha sempre pensato di fare il giornalista?”, rispose: “No, una volta mio padre mi portò in Sardegna e conobbi un brigante, dissi a mio padre che volevo fare il brigante. Poi ho fatto il giornalista e non so se sia meglio”.

Siamo briganti della vita nel raccontare storie che, inevitabilmente, modifichiamo, maceriamo e che paghiamo salate.

Ciao Paolo, buon lavoro e non pensare nemmeno che si possa fare “Paradiso oggi” con le pagine in comune con “Purgatorio oggi” e la stessa pagina del meteo e degli oroscopi di “Inferno oggi”.

Però grazie di avermi tenuto in gioco, perché quando i miei colleghi erano troppo pesanti (cioè sempre) io pensavo a te che ridevi sempre e non mi sentivo un pesce rosso tra le sardine.

 

Foto: da alessioporcu.it