Salvini, la lezione di Guareschi e Santa Madre Russia

Salvini, la lezione di Guareschi e Santa Madre Russia

27 Gennaio 2020 0 Di Lidano Grassucci

Sono un vecchio signore e di “capi” ne ho conosciuti tanti. Tutti pensanti di bastarsi, tutti deliranti, tutti finiti nell’inevitabile banalità dell’illusione. Matteo Salvini era il “padrone” di una Italia che ama genuflettersi, doveva governare il futuro: ha chiesto tutto e subito. Ora è solo.

Sapeva della malattia di Matteo Renzi, medesimo male, di fare Cesare non essendolo. Il risultato? Il secondo è un giocatore tra gli altri, il primo lo sta diventando. Ha scommesso, Salvini, sull’Emilia, ha appaltato a Berlusconi, stanco e pure un poco distante, (uno Josè Altafini a fine carriera) la Calabria. Risultato? Dove giocava in prima persona ha perso, ma ha perso anche voti, 40.000 rispetto alle europee con quasi il doppio dei votanti, e ha visto vincere Berlusconi in Calabria (Forza Italia è il primo partito a destra dello schieramento). Uno scincio.

Ora il capo è’ solo, doveva andare al portone del Quirinale con la Meloni a chiedere, in nome del Popolo, la testa di Conte… non ha il Popolo. Ha evocato agli emiliano-romagnoli una partita non loro, quella nazionale, ha offeso la loro storia politica, ha evocato antiche paure.

Questa è terra di eterne e forti passioni, per capirla devi leggere Giovannino Guareschi che spiega, in Don Camillo e Peppone, che qui batte forte il sole sulle teste, questa è terra repubblicana, socialista, comunista. Terra di guerra civile, terra di riscatto, terra orgogliosa e non è Stalingrado che è terra di dittatore. Qui è terra di cooperative, di Andrea Costa, primo socialista in parlamento. Questa è terra che non dimentica, è terra che litiga ancora per una secchia rapita e tu dici che è meglio la Lombardia. Terra passionale, dove se fanno un’auto fanno la Ferrari, se uno dice che ha qualche difetto, fa a dispetto la Lamborghini, e senti il rumore delle Ducati. Qui nulla è lieve, e la politica è sangue e cuore, è anarchica, come questi motori.

Salvini non l’ha capita proprio l’Emilia Romagna, ha coltivato se stesso. Ora è solo, qui c’era un romagnolo che si pensò meglio di quando era partito, fu osannato, poi sapete come finì la storia. Solo, con questi “dannati comunisti” che lo hanno impantanato e costretto alla guerra nel fango di Russia, quel Po che ogni tanto esonda e fa paludi. Tra le canne di Comacchio, tra le anse del fiume, o in quel duro Appennino, non c’è spazio per i capi, è terra di anarchici, repubblicani, socialisti, ribelli e non hanno bisogno di uno che suona al campanello, perché conoscono il modo di spiegare al male che se stiamo insieme si può piegare.

Salvini è Napoleone, Mosca era lì, si vedevano le luci. La sua forza era quasi intatta, ma era a mille e mille chilometri da casa, e da lì giù non veniva nessuno più: mancarono i rifornimenti, non l’ardore, e poi Santa Madre Russia ha fatto il resto.