Coronavirus, il pullman setino e la letteratura

Coronavirus, il pullman setino e la letteratura

23 Febbraio 2020 0 Di Lidano Grassucci

Che paura fa la paura, la paura non ha ragioni. Ci sono due pullman di setini al carnevale di Venezia, stanno tornando e scatta la paura, nella sua assoluta irragionevolezza.

Interviene il sindaco, il comandante della Polizia Municipale Lidano Caldarozzi su Fb cerca di arginare la paura immotivata:

Comunicato ufficiale. D’accordo con il sindaco la protezione civile comunica che la situazione è sotto controllo. Non vi sono, al momento, casi o situazioni che richiedano interventi o comportamenti straordinari. I rientri di pullman e soggetti da zone interessate sono monitorati. Comunicazioni dal Prefetto o dalla ASL non ci sono, benché in contatto con gli stessi. Ogni aggiornamento verrà portato a conoscenza di tutti. Fondamentale è non creare allarmismo o situazioni non gestibili. Si chiede la massima collaborazione di tutti ed usare i social in maniera corretta.

Ora Venezia è sinonimo di “peste” e ciascuno cerca di “salvarsi” come può, ma da che? E quelli del bus sono come fossero perduti nel male, che non c’è. La paura che fa inumani, neganti gli altri, con viltà.

Maria Rita Gismondo, la primaria dell’ospedale Sacco di Milano, struttura che si occupa della cura dei pazienti contagianti in Lombardia fa come il comandate setino si affida a a Fb a parlare di questa follia:

“Mio bollettino del mattino, il nostro laboratorio ha sfornato esami incontinuazione, arrivano campioni. A me sembra una follia. Si è scambiata una infezione appena più seria di una influenza per una pandemia letale. Guardate i numeri, questa follia farò molto male dal punto di vista economico… vi prego abbassate i toni. Buona domenica”

Follia, come trasformare una gita a Venezia in un viaggio di ritorno dal centro della peste, come invadere di campioni di chi ha solo respirato un ospedale.

Fortuna che c’è, in questa follia, anche ci usa la ragione e l’ironia “Ma solo a me “quarantena” ed “epidemia” fanno pensare al Decameron di Boccaccio?”  si chiede, con un poco di sale in zucca, Stefano Cardillo. 

Giochiamo con la paura: blocchiamo il bus dei setini, ma intanto in stazione quanto passeggeri sono scesi e chi ci dice che non venivano da… Venezia, o che da Venezia non veniva il compagno di viaggio salito a Roma e che andava a Formia, a Minturno, a Napoli. O quel signore che si è fermato a comperare le sigarette a Ceriara che si era perso verso Frosinone. O… dio mio ma da Venezia già arrivato il contagio, arriva  ogni anno, quello del Carnevale.

Con le maschere che hanno i bimbi ma non per paura del male, ma per certezza di ridere e ridere ancora. E ogni cosa non deve far paura, ma trovare la ragione per farne forza.

“Già erano gli anni della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio al  numero pervenuti di milletrecentoquarantotto, quando nella egregia  città di Fiorenza, oltre a ogn’altra italica bellissima, pervenne la mortifera pestilenza.”

Giovanni Boccaccio

Sette donne e tre uomini cominciano a raccontare… e del male si perse ragione ma restò la bellezza del racconto, la libertà di poterlo fare per far tornare il mondo giocondo.

Non è la peste, non c’è arcano, è una influenza che non ci sfugga di mano, ma restiamo umani e non ci facciamo animali, e se bisogna stare in casa le novelle ci faranno compagnia.

PS: nessuno nella stesura di questo articolo si è sentito male, o ha contratto malattie. Alcuni hanno comperato il Decameron ed hanno iniziato a leggerlo. Chi doveva ha preso il treno, chi l’auto, chi il bus. Come fosse la vita che è normale.