Luglio turista non ti voglio

Luglio turista non ti voglio

26 Luglio 2020 0 Di Maria Corsetti

Costretta alle vacanze in città, sono sempre più felice di abitare a Latina piuttosto che in blasonate, riverite, vezzeggiate e celebrate, città del nord. Da Firenze a Bologna a Milano, ma anche Ferrara, Parma e la lista si può allungare. In tutte queste città non credo che il 26 luglio sia così strepitoso da trascorrere, se non da turisti a caccia di arte e storia.

 

Qui c’è il mare ed è dallo scorso 6 maggio che tutta Latina si è riversata al lido e da allora non si è più mossa. Complici anche un paio di colpi di genialità imprenditoriale, perché da queste parti si deve ricorrere al genio per mettere una gelateria a Capoportiere, cioè nello spazio più ampio e frequentato, punto di snodo e di arrivo di automobilisti, motociclisti, ciclisti, maratoneti, semplici camminatori – e, sempre a Capoportiere, rendere accogliente l’entrata di una bella terrazza, senza presentare scontrini improbabili a chi si ferma per un caffè o un aperitivo.

 

Però siamo a Latina, e questo dettaglio non è trascurabile per chi sa che questa città bisogna saperla vivere. Non è per tutti, per apprezzarla è necessario superare una serie di ostacoli e crederci ancora. Il turista è avvertito e soprattutto sgradito, le nostre spiagge, se permettete, ce le godiamo noi.

 

1° Il gradino più alto del podio dei dissuasori per turisti ci sono le passerelle per valicare le dune e scendere a mare.

Dunque, l’ultima volta che ho lavorato in un quotidiano (cartaceo intendo) era il 2010. E già allora avevo parlato delle passerelle, segnalando il pessimo stato di qualcuna. In 10 anni tanto è cambiato, nel senso che le passerelle si sono sfasciate tutte. A celebrarne il de profundis metri e metri di nastro bianco e rosso. Qualcuna si può ancora percorrere, a patto di tuffarsi dall’ultimo gradino. Perché non le levano non è dato sapere, il sospetto è che si vuole intimidire il turista a furia di schegge di legno e di chiodi arrugginiti.

 

2°  Secondo posto sul podio: i diktat di qualche stabilimento balneare.

D’altra parte, se lavori in regime di monopolio perché le licenze sono pochissime, puoi mettere le regole che vuoi e interpretare come vuoi le regole che già ci sono.

La prima regola è che al mare si va dalle 9 alle 19. Se arrivi prima perché ami il mare all’alba, o se sai che a casa fa un caldo cane e vorresti gustarti il tramonto sdraiato sul lettino, questo non è posto per te. Neanche se ti metti sulla battigia, che sarebbe demanio, ma ne va del “decoro della spiaggia” (giuro mi hanno detto così, ma forse avevano ragione loro considerata la mia pinguedine post quarantena). Tutto questo perché un’ordinanza sindacale dice che non si può sostare sulla battigia con un asciugamano (vero, ma a questo punto venissero i vigili a intimarmi il divieto di sosta, non credo che altri siano abilitati). Ma, lo sappiamo, si tratta di una strategia per tenere il più possibile lontano i turisti.

 

3°  Terzo posto: un grande classico, l’assoluta mancanza di informazioni.

Turista fai da te? Questo non è posto per te. Qui ogni informazione è una conquista, da custodire gelosamente, da non condividere. Non ci provare neanche a chiedere che siano ben affissi orari e circuiti degli autobus. No turista, qui a Capoportiere non trovi un infopoint, ma un gazebo di Sky (con tutto il rispetto per Sky). E l’infopoint? Non c’è, signor turista arrangiati con il telefonino, visto che hai deciso di venire qui per le tue vacanze. Che già non ti sopportavamo in tempi normali, figuriamoci in tempi di Covid.

 

“…e che magnifica visione un’ombra chiara mi attraversa la mente…”. Da qualche ora mi ronza in testa “Sognando” di Don Backy, una canzone bellissima, struggente. Ambientata in manicomio.

Tra crudezza e crudeltà, c’è un momento di pace, un’ombra chiara.

Stamattina decido di andare al mare. Presto, io oltre le 10 non resisto più. Saranno state le otto. Vado a sinistra di Capoportiere, in quel tratto magnifico tra lago e spiaggia, un posto da cartolina da fare gran concorrenza ai Caraibi.

Stendo l’asciugamano, crema protettiva, ascoltando le chiacchiere da spiaggia.

Spiccano voci cordiali, giovani: “No, signora oggi non si paga il parcheggio”. “Per cortesia, potete spostarvi un po’? C’è da rispettare il distanziamento”. “Su, non se la prenda, è domenica per tutti, cerchiamo di stare bene, guardi, vada solo qualche metro più in là”. Passa un venditore da spiaggia: “Mi raccomando, quando ti avvicini alle persone metti la mascherina”.

E poi queste voci scherzano tra loro, e intanto danno indicazioni, con quella cordialità un po’ romanesca, supersorridente, un po’ ammiccante.

Sì, devo stare in manicomio e sto fantasticando di qualche ragazzo gentile che fa servizio in spiaggia. Apro gli occhi. Eccolo lì il gruppetto di venti-trentenni, con il tatuaggio di ordinanza, che smistano i bagnanti, controllano la distanza, danno informazioni e anche una mano. Sì, decisamente mi hanno internata e questa scena me la sto immaginando.

Vado a riesumare il comunicato stampa del Comune di Latina dello scorso 22 giugno: “Hanno preso servizio questa mattina gli steward reclutati per il monitoraggio delle spiagge libere del litorale. .. Il loro compito sarà di sostanziale supporto alla cittadinanza, in quanto dovranno vigilare sul mantenimento della distanza di sicurezza tra i bagnanti ed evitare che si creino assembramenti in spiaggia. I 36 steward si interfacceranno, se necessario, con la Polizia Locale ma la loro, come precisa il Sindaco Damiano Coletta, non sarà una funzione repressiva”.

 

Quindi sono veri, e soprattutto funzionano.

Arriva l’apetta delle granite. L’Ape ignifuga perché il furgone precedente ha preso fuoco.

Ma i titolari del food truck “Amore e iodio” non si sono arresi e ripartono.

E torno a temere di stare in manicomio e che sto sognando tutto.

 

Nella foto di copertina: una delle poche passerelle non interdette al passaggio nel tratto tra Capoportiere e Rio Martino