Simone Sala e le “fotografie” scattate con il pianoforte

Simone Sala e le “fotografie” scattate con il pianoforte

20 Agosto 2020 0 Di Lidano Grassucci

Devi essere figo per suonare il piano, devi essere come Franz Liszt: alto uno e 90, 4 mogli e alla fine si fa pure abate. Uno che fa “le fotografie” con la musica. Pensate vede un quadro di Raffaello e … il piano non va piano, il piano non va forte ma scorre. Sarebbe, il piano, come la voce se non fosse per i vibrati.

Spunti, in un quadro pieno di spunti. Lui è Simone Sala, il pianoforte “abita” al circolo cittadino di Latina, ospite i salotti della musica ed è un viaggio.

Classico che più classico non si può, jazz latino, ma anche Mia Marini, Pino Daniele, Morricone. Come è “lunga” la musica.

La signora in sala col ventaglio ha caldo, si fa venire il vento a dosso a ritmo. Lui, il pianista, la prega con cortesia latina di sopportare un poco perchè il tempo del ventaglio non è tempo di piano.

Anche questo è jazz. Ascolti la musica che, così, non si ripeterà mai. Listz, Mozzart hanno scritto, il jazz suona intorno ad un tema che, ogni svolta, si svolge come viene. E Simone Sala lo fa sentire, si perde nel piano, certa il forte in una quasi estasi da Santa Teresa d’Avila.

Il pubblico è attento, ma per me è percorso che quasi non mi appartiene poi cita James Senese, Tullio De Piscopo la mia antica rivoluzione di Napoli centrale, un suono che si mischia in mille suoni e mi sono reso conto che Sala mi stava portando non nella sua musica, non nella mia, ma nella musica che non ha confini, che è bella o brutta. E’ o non è.

Suona con un rapporto fisico col mezzo che non è il piano, ma le sue mani. Suona che non è la musica che esce dalle corte e vola, ma è il fuoco che genera ogni dimensione musicale. Come Novecento di Baricco che suona così ardente che le carte accendono la sigaretta davanti a chi sapeva solo non far cadere la cenere.

Il pubblico ricordava, le citazioni sono lineari dalla nascita del pianoforte, fino alla liberazione del piano forte è è il jazz. Ma Listz era figo e “inventa” il pianista quello che fa impazzire le dame, sconvolge cavalieri invidiosi di non avere la parola che da il dominio del piano.

Un bel concerto, con un pianista che non è che sa suonare, ha il pianoforte anche quando fa la doccia. Uno che le corde accendono le sigarette e con la coda dell’occhio guarda la sala e vede quella passione che sta in qualche fila. Il pianista ama la sua vanità.