Cerchiamo un candidato del teatro e dei pub, non beccamorti di ieri

Cerchiamo un candidato del teatro e dei pub, non beccamorti di ieri

19 Febbraio 2021 0 Di Lidano Grassucci

“I i figli so’ diversi, e noi, invece d’esse’ contenti che non ce somigliano, li volemo fa’ diventa’ come noi che, poi, manco se piacemo.”

Monsignor Colombo, In nome del Papa re

 

C’era il partito dei sindaci, c’era l’idea che il sindaco “salvasse” la città e le vite delle persone. Ora? Ci sono paradossi. a Latina il sindaco unico, a Cisterna c’è la lirica al posto della politica, nel resto ipotesi di Tom tom senza alcuna meta. Città senza testa e ambiziosetti che si sentono cardinali senza aver mai preso i voti. I partiti? Non sono parti ma ingredienti insipidi di un medesimo sugo.

Non esiste una discussione, un confronto nuovo, se non la guerra retorica e triste su dove mettere una discarica che “avanza”, “residua” e ciascuno la vuole “sempre” da un’altra parte in un gioco delle parti che sarebbe divertente se non fosse stucchevole in un mondo dove i rifiuti sono diventati non fine ultimo ma materia prima. A Latina siamo ancora al venerdì santo e non abbiamo capito la Pasqua.

Parliamo di nulla perché ci fermiamo al niente di ogni giorno e non immaginiamo il possibile del nuovo giorno. Damiano Coletta, 5 anni fa, nel silenzio ha detto “io lo voglio fa”, e una città stordita da anni di retoriche su ipotetici laboratori di destra, su fondazioni, canali di dittatori messi a vanto e non a vergogna, ha detto “basta passiamo la mano”. Ma ora siamo allo stesso vuoto con 5 anni passati ad osservare a non capire che quel teatro chiuso è cartina al tornasole del futuro possibile. E’ il discrimine tra essere città e essere case appiccicate, quelle di fondazione pure brutte. Mentre i ragazzi facevano una città di pub, una città dove la sera (fin che si poteva) si immaginava un futuro diverso.

Ci vorrebbe un partito del teatro, un sindaco attore di una commedia da scrivere e per attori i mille ragazzi dei pub. Guardate invece i temi, del teatro non c’è cenno, si parla di strade, aeroporti, urbanistica, porti, ospedali, astroporti ma mai di teatro, di tempo libero, di sole, di voglia di vivere.

Intellettuali seri, amministratori seri, persone serie ma le città, le nazioni, le comunità le fanno le commedie, la danza, il canto, e saper ridere prima di farsi vanto.

Non servono ambizioni ma servirebbe il popolo, col suo teatro, con la sua ironica capacità di mettere alla berlina chi si pensa Papa e non è manco sacrestano.