Alimentazione urbana 3 / A portarci negli anni ‘90 è Kaori

Alimentazione urbana 3 / A portarci negli anni ‘90 è Kaori

20 Febbraio 2021 0 Di Maria Corsetti

Eccoci agli anni ‘90. 

Ci pensavo oggi e a pensarci bene li ho adorati. Punto di vista del tutto personale, legato solo a talune avvenimenti e circostanze che per me sono stati un trampolino di lancio verso la vita che volevo e che ho avuto. Non per sempre, ma per quanto basta per potermi reputare fortunata.

L’inizio di un decennio non può prescindere da quello che  lo ha preceduto. Degli anni ‘80 negli armadi rimangono le spalline alla Mazinga, archiviate nel corso di un’unica stagione, e una certa propensione all’eccesso. Quando ecco fare il suo ingresso il minimalismo. 

Per tracciare  il quadro storico del decennio che ha modificato forse più degli altri la vita degli italiani e letteralmente ribaltato la vita dei latinensi, la pubblicità di riferimento è  quella del Philadelphia.

Nell’unico tipo di famiglia concepibile dai nostri esperti – mamma, papà, due bambini, la maggiore femmina, il minore maschio – arriva Kaori, una ragazza giapponese. Deliziosa. Particolare  all’inizio dello spot: i genitori sono andati a prendere Kaori all’aeroporto e i bambini sono rimasti soli a casa ad aspettare. Oggi si rischierebbe l’arresto per istigazione ad abbandono di minore. 

Kaori, allevata a sushi, presumibilmente si è preparata prima di partire. Qualcuno gli avrà detto che gli italiani si abbuffano di pasta e di pizza. Niente di tutto questo, a Kaori, sbarcata dopo venti ore di volo fresca come una rosa, viene offerto il Philadelphia spalmato su una fetta di pane. Come spuntino. A tavola, invece, le fette di pane e Philadelphia si servono agghindate a festa, guarnite con insalata riccia e pomodorini intagliati, mais e rondelle sottilissime di zucchine. In secondo piano si intravede anche una pigna d’uva. La sera, guardando la tv, Kaori avrà capito di aver sbagliato famiglia, era meglio quella della pasta Barilla. Torniamo alla tavola della famiglia Philadelphia. Il papà versa il vino da una bottiglia tipo caraffa. È questo l’ultimo avamposto della morigeratezza, il vino “sfuso” comprato cioè senza il prezioso imbottigliamento. Il vino di tutti i giorni, se sei uno che beve tutti i giorni il vino. E mettere il vino a tavola tutti i giorni è tradizione che arriva dai campi, da terre antiche nel pensiero e dietro l’angolo nel metro della storia. Tutto questo sarà spazzato via a breve, nell’ineguagliabile decennio iniziale del terzo millennio. Siamo ancora nel ‘900 e certe regole non scritte si rispettano. 

Mi sono chiesta in quale regione d’Italia sia atterrata Kaori: non vorrei sembrare razzista ma i bambini hanno un accento del nord. E qui si apre il mondo degli aperitivi, in origine così simili al pranzo messo a tavola dalla mamma Philadelphia. Spuntini da consumare in vece del pasto di mezzogiorno, che da Firenze in giù, spostato qualche ora più avanti, continua a macinare primo, secondo e contorno a tutti i livelli sociali. Oppure da consumare alle sei del pomeriggio, usciti dall’ufficio che poi alle sette chiude tutto. A nord. Sempre da Firenze in giù alle sei si iniziava a carburare, dopo aver finito di digerire gli gnocchi e l’arrosto. 

L’Italia era fortemente divisa sotto questo aspetto, che per tanti versi ancora bivacca qua e là anche se proprio negli anni ‘90 è avvenuta la contaminazione. Un po’ il traffico nelle grandi città ha iniziato a rendere difficile il rientro per pranzo, un po’ i low cost hanno dimostrato che possono esistere civiltà progredite dalle tradizioni diverse, un po’ i telefoni cellulari che stavano prendendo piede straziando ogni forma residua di “scusa mi stanno chiamando a tavola”, un po’ i più grandi lasciti degli anni ‘80, yuppie rampanti e paninari, in poche parole alla fine siamo tutti diventati come Kaori & friends, ci nutriamo di cibi freddi e veloci. 

In quegli anni, secondi anni ‘90,  a Latina si sono scoperti i pub. È stato bello iniziare con quelli irlandesi, mi sembra che il primo fosse in Via Amaseno. Immediatamente dopo aprì il Doolin a Via Adua e sta ancora là per quando desidero una Guinness. 

Sempre in quegli anni a Latina si sono scoperti gli aperitivi, anzi li ha scoperti il Caffè degli Artisti, che invece di scodellare noccioline smanicciate e patatine mosce con un paio di olive, ha iniziato a proporre una sorta di torri, arredate da assaggini di pasta, pezzetti di pizza, tramezzini mignon e croste del pane dei tramezzini ripassato in padella. Una novità che sconvolse la palude. Credo fossero gli anni ‘90, potrei sbagliarmi. 

Per il proseguitò degli anni ‘90 e il salto nel terzo millennio ci aggiorniamo a lunedì.

 

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