Conversando con le suore

Conversando con le suore

22 Febbraio 2021 0 Di Lidano Grassucci

Questo racconto viene da un caso, da una conversazione con delle suore intente a vivere la loro vita e curiose della vita di ogni altro intorno a loro. Intelligente rispetto di altri modi di star qui, per la loro visione di starci e quel dedicarsi non al sacrificio per Dio, ma ad amarlo e amandolo avere misericordia di ogni sua creatura. In questi tempi soli c’è un modo di sentire gli altri. Io l’ho solo raccontato, ho visto delle suore felici.

Non so dipingere, non conosco l’arte sublime della musica e sono ascoltatore muto di canto.

Direte: ma cosa sai fare? Me lo chiedo di continuo nell’idea rinascimentale che arte è saper fare, fare qualcosa. L’artista è artigiano.  Converso con due suore, gentili, sorridenti come sono le suore di una certa età che han vissuto per il loro Signore e per la pietà degli uomini creature di quel Signore. Sono così serene, che quasi il sorriso non serve loro.

Mi chiedono di me, del mio scrivere, io “confesso”, questo è figlio di letture di sante mistiche, di rinunce che fanno il paradiso più vicino e mi rendo conto che stiamo parlando di nulla, di cose impalpabili, di cose che non sono quadri, non sono, musica,

Le suore sorridono sul tempo che passa che per loro passa meno, perché non lo contano il tempo, non lo frenano, non lo vivono, sanno che è niente nella bellezza infinita dell’infinito.

Perché parlo con loro? Loro annuiscono e ridono, e chiedono sagaci battute sui sacerdoti che, spesso, hanno rigore bigotto e non misericordia che è dono di Dio misericordioso. Ridono delle mie battute e mi guardano come si guarda un bimbo visto, anima di creatura. Nelle piazze quando passa la carestia, poi arrivano loro ed un cantastorie, loro a lenire le ferite umane e il cantastorie a raccontare che verranno paladini di Francia a salvare dall’ingiusto. Non c’è musica ma parole, lettere strette l’una all’altra. Orlando dal coraggio indomito. Forse questo so fare? Vedere Orlando dove non c’è niente, Don Chisciotte dove ci sono anime perse nel vino e vedere nelle suore quella idea che si può dedicare la vita. Loro, le suore, non sanno che sono figlio anarchico delle mie montagne, puzzolente di osteria che ne ha uccisi tanti il vino, ma ha reso divino più vivere. Loro non sanno che l’amor cortese prevede pretese, ma forse l’arte che posso è questa. Ogni parola un suono, un senso, e tante un racconto. Sono testimone di fantasia, come loro sono esempio di verità.

Ecco che sono il venditore di voli sulla luna, di viaggi al centro della terra, sono un fumetto, sono Corto Maltese nei mari del sud. Sono che parlo con le suore e mi guardano le mani che sono giunte, sono che parlo con la dama e mi guarda le mani sperandole disgiunte.

 Sono che quando ripasserò non sentirò le mie canzoni, non ci saranno i mie quadri di Madonna in chiesa, ma un bimbo racconterà che il centro della terra ti sputa a Stromboli ed i vecchi lo zittiscono “ma il centro del terra brucia”. Il bimbo: “no sputa” e fugge via ridendo.

L’idea greca del racconto nelle notti di vino