La pioggia di giugno che porta ritardo e si è smarrita e non conosco la ragione

La pioggia di giugno che porta ritardo e si è smarrita e non conosco la ragione

6 Giugno 2021 0 Di Lidano Grassucci

Piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.

Gabriele D’Annunzio, La pioggia nel pineto

 

Piove, pioggia di giugno. Pioggia che si è smarrita, doveva venire a marzo ma si è fermata in qualche posto a dormire o forse a chiacchierare, o a bere un bicchiere di vino con il suo destino ed ora arriva con un ritardo da “presto, presto che è tardi”. Una pioggia in ritardo che ha smarrito l’orologio sulle Azzorre, ha chiesto un passaggio al vento ed era già in Portogallo, poi in Spagna si è persa a sentire una chitarra che suonava in una periferia vicina al Tago che aveva sete, ma ballava uguale.

La pioggia viene giù e quasi chiede scusa, è gentile e sa di non avere il gradimento di chi vuole ora andare al mare e tuffarsi nell’acqua e non che l’acqua si tutti sulla nostra testa, sul collo, sul viso. Ma con gran cortesia. Ora sui vetri di un rifugio dell’anima le gocce ti vengono a cercare e pare star li a chiedere: “ma dove siamo atterrate che era solo qualche ora fa ed eravamo in Atlantico con onde che facevano impressioni e bonacce che il pare faceva le fusa di un gatto”.

Ora sui vetri la goccia pare genuflettersi davanti al creato che sta dall’altro lato e di quelle gocce fitte fa lenzuolo, da portarsi al volto e gli occhi lasciare andare. Pioggia da sentire addosso, pioggia che il pensiero non è ortodosso.

Piove di giugno

Giugno, che sei maturità dell’anno, di te ringrazio Dio
In un tuo giorno, sotto al sole caldo, ci sono nato io, ci sono nato io
E con le messi che hai fra le tue mani ci porti il tuo tesoro
Con le tue spighe doni all’uomo il pane, alle femmine l’oro, alle femmine l’oro

Francesco Guccini, Canzone dei 12 mesi

Ma la pioggia non è nel menù, eppure sei qui. Sorpresa, come una sorpresa. Piove mi buca la vista questo tempo che chiede scusa.

Scusa per procura.

La goccia? Ora sul vetro precipita giù e bacia un’altra goccia, goccia su goccia un rivolo che segna il vetro, come a scrivere parole, fare racconti.

Ti perdi, tempi poco vagabondi, ma la pioggia non si è dovuta neanche vaccinare ed è qui ad invitarti. Dice che ci sarà una festa da qualche parte e dalla musica potrai veder direttamente le stelle, di certo non pioverà.

È la notte dei miracoli fai attenzione
Qualcuno nei vicoli di Roma
Ha scritto una canzone
Lontano una luce diventa sempre più grande
Nella notte che sta per finire
E la nave che fa ritorno
Per portarci a dormir

Lucio Dalla, La notte dei miracoli

Quanto piove, e io sto qui a guardare, a tenere le fila arcane di questo eterno ragionare. Di questo tormento di pensare e di guardare. Di guardare. Poi capisco questo mistero strano. Questo mistero che mi toglie ogni forza per riposare

O forse perché è un modo pure questo
Per non andare a letto
O forse perché ancora c’è da bere
E mi riempio il bicchiere

Francesco Guccini, Canzone di notte n.2