Genova 2001, il G8  e la ricerca di una storia travolta dalla storia

Genova 2001, il G8 e la ricerca di una storia travolta dalla storia

20 Luglio 2021 0 Di Maria Corsetti

C’è un passo nei Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez dove si racconta di una manifestazione contro le compagnie bananiere, di come tutti vennero fatti sparire e che solo un bambino riuscì a salvarsi perché nascosto. Questo bambino raccontava la storia e nessuno gli credeva.

 

La verità storica per molti può essere un falso, anche in abbondanza di filmati e fotografie. Si possono leggere in maniera diversa, il primo interprete è l’occhio che ha fatto riprese e scatti. Ognuno potrebbe raccontare la sua Genova del G8 2001, a seconda di dove era. Di dove era proprio fisicamente, al di là delle ideologie.

Erano tantissimi giovani in una città come Genova, fatta di vie strette che portano al mare, ma pochissimi in un mondo affollato e indaffarato, che guardava con fiducia a un terzo millennio che si apriva con un muro abbattuto undici anni prima. Dimenticando che di muri, fatti di mattoni e filo spinato, ce n’erano ancora nel mondo e altri se ne innalzavano. Non così famosi, ma carichi di significati oscuri.

Erano giorni di luglio (19-22 luglio 2001) e si manifestava contro la globalizzazione, che ai più, in realtà, piaceva. D’altra parte quando i ragazzi protestano lo fanno contro un mondo che a loro non piace, ma probabilmente solo a loro.

Erano giorni di luglio e neanche due mesi interi dopo ci sarebbe stato l’11 settembre.

Se si parla di 2001 la mente va all’11 settembre, i restanti 364 giorni rimangono anonimi.

Una condanna all’oblio della storia.

 

Una storia di cui si sono lette alcune pagine ieri pomeriggio al Circolo cittadino di Latina con “Avere vent’anni. Volevamo solo un mondo migliore. Genova 2001-2021”.

Ma la storia, quando te la raccontano perché quando i fatti di cui si parla sono accaduti che ancora non eri nato, segue una linea diversa.

Federico Ardito e Arianna Borrelli sono due studenti, giovanissimi. A loro qualcuno ha raccontato di quei giorni e loro di quei giorni vogliono saperne di più. Chiedono, parlano e non fanno neanche un cenno, un mezzo riferimento a quest’anno e mezzo appena trascorso che, stando alla vulgata comune, dovrebbe avergli negato il diritto a pensare. Loro pensano e chiedono, con la lente di ingrandimento della curiosità storica.

Enzo Amendola, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega agli affari europei, ricorda che in quei giorni c’era stata la convergenza di gruppi dalle tante anime diverse. Poi ci furono denominatori comuni e massimi: la tensione, la paura, la violenza. Difficile spiegare cosa stesse succedendo nell’epoca in cui internet e telefoni cellulari c’erano già, ma non si andava oltre qualche sms.

Il primo giorno si manifestava per i migranti.

Qua già il pensiero parte veloce e rimbalza impazzito cercano di leggere gli anni successivi, fino a oggi.

Il secondo giorno è quello dell’assalto alla zona rossa. Qui si mescola tutto. Chi non partecipa, chi partecipa pacificamente, chi si insinua, chi inizia a distruggere, le forze dell’ordine che reagiscono.

Fatti su cui si sono scritti fascicoli interminabili nei tribunali, fino ad arrivare alle sentenze che conosciamo e con la realtà giudiziaria che è comunque una fictio iuris.

Marta Bonafoni, oggi consigliera regionale, ma soprattutto e soprattutto ai tempi di Genova, giornalista radiofonica. Con la radio che era l’unico mezzo immediato di comunicazione. Con la radiolina a batterie in tasca e le cuffiette alle orecchie, si potevano fare le dirette, si potevano avere notizie in diretta. Ma era tutto così confuso, incomprensibile, incredibile. La radio trasmetteva dal vivo, alla radio si telefonava e si raccontava. Le registrazioni delle trasmissioni vanno conservate per un certo periodo. Ma potrebbe verificarsi qualcosa per cui la registrazione vada persa e con essa le testimonianze dirette. Meglio fare cd, moltiplicare e conservare voci. Viene in mente quanto quel mondo di Genova appartenesse di più al ‘900 che al terzo millennio.

L’evento, è stato organizzato da Gianmarco Proietti, assessore a bilancio, finanze, tributi e pubblica istruzione e da Valeria Campagna, presidente della commissione città internazionale e programmazione europea, politiche giovanili, università, innovazione e ricerca del Comune di Latina. La particolarità è che l’assessore Proietti a Genova c’era, mentre la consigliera Campagna all’epoca aveva quattro anni. I due volti: chi l’ha vissuto e chi l’ha sentito raccontare dai grandi. In mezzo a loro un oceano di persone che ricorda quei fatti quando ne parla la tv. E un mare di persone che vorrebbe raccontare la propria esperienza di quei giorni. Ma da qualche parte, per una riflessione, bisogna pur partire.

Arturo Scotto, coordinatore di Articolo Uno, ricorda la guerra in Iraq del 2003, della spaccatura in Europa, con Francia e Germania contrarie e Italia e Spagna a favore. icorda gli effetti a catena di quella guerra che sono stati devastanti. Di fronte a tanto, il mondo poteva pensare a Genova? Mentre l’Italia che fa i conti con una riforma delle Forze dell’Ordine mai portata avanti.

E i motivi che potrebbero essere mille e ancora mille per ricordare, ma tutto sembrerebbe travolto e anche tanto dimenticato.

Il sindaco di Latina, Damiano Coletta, racconta di averla vissuta attraverso le notizie che arrivavano dagli di amici i cui figli erano andati a Genova e ascoltavano i telegiornali e aspettavano le notizie. Si attendeva di sapere e non si è mai saputo bene.

A condurre i lavori la giornalista Teresa Faticoni che ha dovuto comprimere non tanto l’argomento, ma le anime dei presenti in un’ora di tempo. Possibile solo se si riesce a non trasformare un evento che vuol fare riflettere, in un confessionale collettivo dove ognuno vuole raccontare e raccontarsi perché i venti anni di oblio alimentano le ferite di quei giorni.

 

Nel corso dell’evento è stato rispettato un minuto di silenzio per ricordare il 19 luglio del 1992 e la strage di Via D’Amelio, nella quale perse la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Quel minuto di silenzio in cui mi chiedo a cosa servisse una scorta, se non a fare ancora più vittime, se due mesi prima anche Giovanni Falcone era stato ucciso con una carica di tritolo.

 

 

Nella foto, da sinistra: Teresa Faticoni, Arianna Borrelli, Arturo Scotto, Damiano Coletta, Enzo Amendola, Marta Bonafoni, Federico Ardito