Comoda

Comoda

25 Luglio 2021 0 Di Lidano Grassucci

Un uomo si sedette davanti una scrivania, la penna intinta di inchiostro voleva fare l’amore con una pagina di carta di Fabriano, di quelle rugose e spesse. Fu per mia mano che iniziò l’amplesso partendo da un suono fatto da una parola. La parola era nella testa e faceva eco “comoda”, “comodaaa”. Cominciò così questo scrivere, la parola dopo era solo l’amica di quella precisa che la precedeva e questa è una catena,

è una catena ormai,
Che scioglie il sangue dint’ ‘e ‘vvene sai.

Leggetela così, comodamente, è comoda dentro ci troverete canti, salmi laici, ad una laica storia di qualcuno che guarda la spiaggia, uno che non viene dal mare, ma si meraviglia di navigare. Ho rubato i testi, in ordine di apparizione, a Fabrizio De Andre Creuza de ma, le acciuge fanno il pallone, Francesco Guccini, Odysseus, e qui sopra Lucio Dalla, Caruso. Direte, è tu cosa ci hai messo? Non vi posso aiutare, perché in verità la cosa è venuta da sola, come fosse già scritta. Come… non so se vi capita di essere puntuali ad un appuntamento che neanche sapevate di aver dato?

 

 

 

Per raggiungere il mare se non abiti in un porto ci vuole fiato. Devi partire da un dentro per arrivare a dove la terra respira, devi partire dai polmoni per arrivare alla bocca e al naso.

Il mare si raggiunge sempre respirando. quando sei nei pressi te lo annuncia l’odore del sale, poi lo vedi e non capisci neanche che quel vento piacevole un poco ti frega, ti secca la pelle col sale. Il mare si vive respirando

Umbre de muri muri de mainé
dunde ne vegnì duve l’è ch’ané
da ‘n scitu duve a l’ûn-a a se mustra nûa
e a neutte a n’à puntou u cutellu ä gua
e a muntä l’àse gh’é restou Diu

Ombre di muri, facce da muro, ma dove andate?

Oggi è chiuso il cielo da un velo di sposa e l’azzurro è in trasparenza come certe spose che si vestono di vento per far vedere al mondo l’incanto che non avrà esclusiva.

Oggi è chiuso il cielo ed il mare a dispetto monta l’onda un poco di più, come un uomo a che ha atteso un mancato appuntamento.

Il mare è ora su questa spiaggia non dei marinai ma delle sirene. Sirene comode su sdraie di fiori che cantano, cantano.

Canto da impazzire, canto da follia del divenire. Legati siamo a mille corde o tappi di cera per non morire di bellezza, ben non sentire la bellezza che sta comoda al mare

Bisogna che lo affermi fortemente
Che, certo, non appartenevo al mare
Anche se Dei d’Olimpo e umana gente
Mi sospinse un giorno a navigare
E se guardavo l’isola petrosa
Ulivi e armenti sopra ogni collina
C’era il mio cuore al sommo d’ogni cosa
C’era l’anima mia che è contadina

Anima che non aveva mai veduto il lavoro di Dio nascosto dalle bestemmie a dio di ogni morale. Ora da qui, dalla mia nave (non chiedetemi come ci sono salito, mi sono ritrovato e non appartenevo al mare), la vedo nettamente la creatura che oggi non ha pelle offesa dal sole ma il suo certo ricordo di quando fecero l’amore, amplesso abbronzate che fece di pelle terra fertile, terra di Siena.

Sulla sdraio. che se la vedo da dove la vede il sole, è maliziosa forma della grazia che il creatore ha perfezionato, negli ultimi giorni del suo creato quando aveva imparato. Di lei fece copia nel felino anche di medesima ferocia ma di eleganza… che creò subito dopo.

Comoda in questa spiaggia senza avventura. Legato voglio gettarmi in mare. I marinai non sentono e non possono giudicare, capire, non sanno vedere.

E andar verso isole incantate
Verso altri amori, verso forze arcane
Compagni persi e navi naufragate
Per mesi, anni, o soltanto settimane
La memoria confonde e dà l’oblio
Chi era Nausicaa, e dove le sirene
Circe e Calypso perse nel brusio
Di voci che non so legare assieme
Mi sfuggono il timone, vela, remo
La frattura fra inizio ed il finire
L’urlo dell’accecato Polifemo
Ed il mio navigare per fuggire

Navigare per fuggire, navigare costa costa. Ma questa volta accosta l’idea che lì c’è quell’unico vero che fa del viaggio una meta, non sapevo chi fosse Calypso ora l’ho vista e nella mia vista ho la sua fotografia.

Per raggiungere il mare se non abiti in un porto ci vuole fiato. Devi partire da un dentro per arrivare a dove la terra respira, devi partire dai polmoni per arrivare alla bocca e al naso.

Passano le villeggianti
Con gli occhi di vetro scuro
Passan sotto le reti
Che asciugano sul muro
E in mare c’è una fortuna
Che viene dall’oriente
Che tutti l’hanno vista
E nessuno la prende

Al mare c’è una fortuna che tutti l’hanno vista nessuno la prende

Comoda su una sdraia poggiata sulla sabbia li dove arriva l’onda.

 

In foto: Edward Hopper, donna sulla spiaggia