L’i-phone del Majorana e la colpa della scuola, ma non di quella di oggi 

L’i-phone del Majorana e la colpa della scuola, ma non di quella di oggi 

21 Ottobre 2022 0 Di Lidano Grassucci

Una ragazza si rifiuta di dare il telefonino alla scuola in corso di lezione, i parenti la sostengono. E’ accaduto al liceo Majorana di Latina, uno dei due licei scientifici della città. Media e piccola borghesia di una città media italiana. Naturalmente i commenti sono stati contro la “scuola che non capisce” o “contro i ragazzi viziati”.

Mi permetto di ragionare su una terza via, che in parte mi riguarda: non sul fallimento dei genitori manco sul fallimento della scuola in corso ma su quello della scuola che “ha corso” con i genitori. Se i genitori di oggi sono così è perché la scuola di ieri li ha fatti così.

Il nodo è di una generazione, la nostra, che ha contestato l’autorità ma non l’ha sostituita con il rispetto della competenza. Una generazione che dimenticando le ragioni di antiche rivolte si è trovata a venerare non il Che, non Carlo Marx ma la Bmw, gamma suv, l’i phone che fa le foto come quelli di Cinecittà solo che non sono Oliviero Toscani e manco Franco Munari che vinceva i Rally con la Lancia Stratos.

I genitori che hanno confuso il rispetto per imposizione e l’anarchia non come autolimite nell’altro ma come abuso verso tutti.

Il telefonino vale 1500 euro, non si mischia con quelli da 120, il telefonino ha il designer che la Gioconda è faccia brutta al confronto. E poi chi sarebbe sta Gioconda? Solo uno sfondo dello schermo.

Ma non sono i ragazzi che, anzi, non vedono l’ora di cancellare dalla loro vita questo sorta di parental control che li fa eterni bambini, ma l’angoscia dei genitori che sta ai sentimenti come le volte che i suv vanno fuori strada.

Il nodo è qui in questo fallimento di una generazione, la mia, che abolendo l’autorità non ha spiegato l’autorevolezza, che contestava la scuola ma non per l’ignoranza ma per un altro sapere. Non volevamo non conoscere Dante, ma sapere anche di Sandro Penna, volevano sapere di Cesare ma anche del legionario che ci ha lasciato le penne in gloria di Cesare.

Ci siamo trovati con auto fatte a forma di camion senza alcuna grazia, e di dover mutare il detto “Parigi val bene una messa, con tutto il sapere del mondo non vale il mio i phone e me lo ha insegnato papà”. Per tutti ho parafrasato una espressione di Enrico da Navarra.

Hanno torto gli insegnanti? No di certo. I ragazzi? Men che meno. Abbiamo torto noi in questa gabbia dorata che ci siamo costruiti, fatta di telefono e camioncini vestiti da automobili.

Guardo un suv tedesco e poi passa una Lancia Flavia, capisco che la sfortuna è che “abbiamo vinto”.

Poi, naturalmente, io senza telefonino non ci so stare, facile sempre parlare.