La vuota città e il bisogno di giocondo, cronache di LatiNarnia

La vuota città e il bisogno di giocondo, cronache di LatiNarnia

19 Maggio 2023 0 Di Lidano Grassucci

Mia cara bambina tu, tu ci sei dentro! Tutto a partire, a partire dal lampione, giù fino al castello di Cair Paravel sull’oceano orientale, ogni albero ogni pietra che vedi, ogni ghiacciolo è Narnia

Le cronache di Narnia

 

Spero, dico spero che non dispero. La città è vuota, come se avesse dimenticato di essere se stessa. E’ una donna che forse era stata bella, ora attende un appuntamento che nessuno le dà. E’ grigio il tempo di questo maggio, maggio strano. Di questi tempi mangiavo le nespole, mi innamoravo delle ciliegie e mi recitavano le preghiere del maggio

Ben venga Maggio e il gonfalone amico, ben venga primavera,
il nuovo amore getti via l’antico nell’ ombra della sera, nell’ ombra della sera…
Ben venga Maggio, ben venga la rosa che è dei poeti il fiore,
mentre la canto con la mia chitarra brindo a Cenne e a Folgore, brindo a Cenne e a Folgore

Francesco Guccini, Canzone dei 12 mesi

Ma qui, invece, mi pare come se la tromba avesse messo la sordina e il jazz pare sparito. Avrei voluto vedere bimbi mangiare cioccolato , ma anche adulti capaci di bere vino a sfida del destino. Vorrei fantasia, un cartello grande grande che dicesse “faremo cortesia di questo posto”. Vorrei chiamare tutta la gente dell’intorno per dire: eccomi sono qui. Una fiera sarebbe stata utile con giocolieri, uomini ragno, donne cannone, venditori di zucchero filato, l’uomo del tiro al bersaglio, il sacco per misurare la forza di chi è un campione, la ragazza che è così bella da vedere che si fa guardare e non si fa rossa.

Quando nascono i bimbi fanno un rumore infernale, quando nascono i micetti non stanno zitti un attimo. I vecchi no, i vecchi stanno zitti. Ora sono vecchio, tanto, parlo piano mi incazzo altrettanto ho da recriminare, ma non è giusto che si pensi come me e non come un bambino.

Oh! Valentino vestito di nuovo,
come le brocche dei biancospini!
Solo, ai piedini provati dal rovo
porti la pelle de’ tuoi piedini;
porti le scarpe che mamma ti fece,
che non mutasti mai da quel dì,
che non costarono un picciolo: in vece
costa il vestito che ti cucì.

Giovanni Pascoli, Oh Valentino

Che silenzio, Alberto Moravia le vedeva così “città del silenzio” con questa aria metafisica, città fatte nell’aria, senza manco vento. Dio mio fate rumore. chiamate una banda che suoni il rock, chiamate un jazzista che faccia jazz. Date un segno vi prego, sono già morto e non lo so. Cercate chi ride non chi piange manifestando sapienze che non sanno, seri beccamorti di una città che era nata viva ed aveva bisogno solo di gridare al mondo: ci sono e sono giocondo