Messina Denaro e l’umanità difficile

Messina Denaro e l’umanità difficile

25 Settembre 2023 4 Di Lidano Grassucci

Premetto, io non conosco perdono davanti ad un torto. Ho memoria millenaria, serbo rancore e covo vendetta, è più forte di me. E’ questa memoria di butteri che mi porto dentro che la misericordia non mitiga. Quindi non ditemi buonista, non lo sono. Ho fatto il militare perché non credo nella pace e non sono in pace con chi mi ha cagionato un torto a mio insindacabile arbitrio o mi ha umiliato quando il bisogno mi mitigava l’orgoglio.

Ma? Dentro di me c’è quella cosa che mi viene e mi fa perplesso, mi lascia fesso alla vita umana mia: la misericordia

Detta da me fa impressione, ma mi corrode l’anima per via delle madonne, dei santi, per via di questa storia che ho dentro e non mi lascia mai, facendomi talvolta imprecare per pregare.

miṡericòrdia s. f. [dal lat. misericordia, der. di miserĭcors -ordis: v. misericorde]. – 1. a. Sentimento di compassione per l’infelicità altrui, che spinge ad agire per alleviarla; anche, sentimento di pietà che muove a soccorrere, a perdonare, a desistere da una punizione

Quando l’orco è a terra nel dolore, quando l’orco si raccomanda al suo Signore per l’impossibile perdono allora, allora dico ma chi sono io in questo dolore.

La paura di tanti diventa a questo punto coraggio di codardi.  Io la vendetta la voglio coltivare a vivo, a morto mi pare vile. Quando l’orco muore non fa più rumore di un angelo che muore, quando un orco chiama il suo signore è umano come lo era Abele e lui, l’orco, era Caino senza pietà.

Matteo Messina Denaro se la vedrà ora con chi conosce le cose del suo creato, con le creature, lui che ha “ucciso” quel che era “vivo”. Ma uccidendo in modo feroce uccideva se stesso e non ha vissuto. Non ha avuto mai un giorno in cui ad occhi aperti ha camminato su una strada con la gente che lo salutava per come era e non per la paura che incuteva, non ha mai capito se era amato o temuto e nel dubbio non ha avuto mai un amore senza temere di amare un sicario.

Non ha vissuto un giorno senza il grido di un bambino… nessun giorno. Lui ha ucciso ma per questo si è tormentato e non avuto altro momento che lo stesso momento di quel bimbo per il suo tempo, fino al finire del tempo.

La vita ci cambia, siamo padroni del mondo a 20 anni, siamo birichini a 15, siamo ingenui a 30. Ciascuno a suo modo, ma a 60 e oltre come ne ho io, come ne ha lui, siamo solo le nostre notti che ci svegliamo e ripetiamo all’infinito quell’errore che ci ha cambiato. Ciascuno il suo, io non vorrei avere i suoi e questa è la disgrazia più grande, avere incubi inquietanti, l’inferno deve essere così.

Una volta, ero un bimbo, avevo una bici nuova, una Graziella verde metallizzato, ci correvo a perdere fiato sullo stradone che andava verso l’infinito e oltre. Non mi accorsi di una lumaca che stava in mezzo alla strada l’ho schiacciata. Il cuore mi usci dal torace e mi misi a piangere, avevo ucciso per correre verso non so che, avevo fatto del male. Mi tengo il mio dolore, ma non cambio questo per il suo e credo che questo suo tormento sia stata la più grande condanna possibile.

Ora? Non giudico io, e chissà quanti diranno male di me forse anche a ragione, questa è la vita fatta tra angeli e orchi, di uomini. Sono umano, non mi sento capace di annunci che fanno gli angeli, combatto gli orchi da vivi. Da morti… non conosco quel tempo.

 

Foto: Tintoretto, Caino uccide Abele. Galleria dell’Accademia Venezia