Latina, i segreti di una capitale di povera gente

Latina, i segreti di una capitale di povera gente

26 Settembre 2023 0 Di Lidano Grassucci

Non so cosa scriveranno nel dossier di candidatura di Latina a capitale italiana delle cultura. Sicuramente qualcosa di bene. Io vi racconto senza segreto alcuno di quando nuotavo nei canali, quando le paratoie mi parevano dighe grandi come montagne. Ora capisco quanto ero piccolo io.

io vi racconto del canto delle rane, adesso è silenzio il piano. Vi racconto dei furti di prugne e di gelsi, delle polpe delle barbabietole dove i piedi affondavano fino alle ginocchia e pareva di affogare nella crema della zuppa inglese. Vi racconto delle mucche che uscivano lente dalla stalla e camminavano lungo stradoni disegnati dalle ruote posteriori dei trattori.

Di mio zio che era giudice ultimo di ogni litro di vino che finiva al tavolo suo e non arrivava mai ad alcun mercato. Vi racconterei di una terra dove alla controra destate c’erano solo le cicale.

Nessun segreto per le bici Legnano che duravano una vita e ti portavano così lontano che se chiamavi per nome ti rispondevano senza alzare la voce.

La piana era una striscia grande una ruota di bicicletta intorno montane di brecciolino e se uscivi dal binario deragliava la tua vita.

Si saliva in bici con la rincorsa, poi sul pedale,  un rapido giro di ballo ed era tutto pronto per il viaggio.

“Vago a Littoria” si diceva come oggi  si dice “parto per Trinidad e Tobago”. La cultura era un pedale, un bicchiere di vino, la comare che aveva una grappa di contrabbando con la ruta da farti cambiare i connotati, era la madonnina sola in in angolo tra strade e canali che ci poggiavi i fiori sperando sparisse ogni angoscia e di maritare quella figlia scontrosa che … ma chi se la piglia? O il figlio non proprio sveglio che come ci è venuto a noi che siamo i re del ballo, fantastica balera dell’aia.

Era un frate pugliese che faceva un coro in friulano, una signora che con le ossa ci sapeva fare e anche a resuscitare i morti ci poteva provare.

Era una stufa economica tutto fare dove al freddo la polenta si bruciava un poco e non contava se era di ieri o anche prima, la potevi mangiare.

Poi la telefonata da Padova che diceva di un lutto cristiano di un fratello morto lontano e una lacrima che non si dava a vedere che forse li sopra si doveva rimanere.

Così è questa capitale, nel dossier scrivete che è stata terra di povera gente, oggi è terra di niente.

Dio, Cristo de Dio… solo lui ci poteva salvare.

Mi ha punto una zanzara, meglio lasciare stare.