Il tema con lo stupro e la differenza tra palmo e dorso nell’amore

Il tema con lo stupro e la differenza tra palmo e dorso nell’amore

2 Febbraio 2024 0 Di Lidano Grassucci

Leggo di una ragazza di Latina (della provincia) che scrive su un tema al liceo sulle vicende di Giulia Cecchettin, la ragazza uccisa dal suo “fidanzato” in Veneto, e racconta la sua personale tragedia. Una storia di quella prepotenza che si nasconde dietro la parola amore e che genera neanche amori malati, ma possessi criminali. Ci sono sfere della vita che dovrebbero essere salve dal dolore, dovrebbero essere per definizione vita e non morte.

Ma cosa c’è di più umano, bello, letterario di un incontro libero tra due anime, dove nessuno ordina, dove nessuno è ordinato ma tutto è scelto nel miracolo di scegliere lo stesso?

Come si può pretendere quello che non è nella “disponibilità” di alcuno. Perchè l’amore non è “disponibile” neanche per gli innamorati a cui viene in dote dalla sorte, in dono per angeli, in dispetto di demoni, nel caso di magie, o solo perchè non ci puoi fare niente. Invece c’è chi dice “è mio” l’amore, quel che non è nella disponibilità di alcuno.

Posso essere il padrone dell’aria? Delle stelle? Ordinare alle stelle di essere non nel firmamento ma esclusive di un avido sguardo. Invece posso stare nel medesimo cielo delle stelle e sentirmi me e cielo, me e stella nella generosità esclusiva della bellezza.

Ho imparato questo da uno sfregio che feci ad una farfalla. Era bellissima ali che avevano mille colori, più dei fiori, era così bella che la volevo solo mia, la volevo togliere agli occhi degli altro. La preso in mano e chiusi la mano, era dentro me, ma quando aprii la mano di nuovo: lei non aveva colore, non aveva speranza, non era più.

Avevo ucciso una farfalla.

Compresi che l’amore non è il palmo stretto ma è quel che mi capitò dopo quando una farfalla che di colori ne aveva anche di più si posò libera sul dorso della mia mano e stette lì da me voluta, da lei scelto. Ogni tanto ingigantiva le ali per farsi ammirare, poi le ritraeva per dirmi che c’era. Io muovevo solo il dorso con la delicatezza della brezza del mattino, con l’ammirazione che tenevo per il blu profondo incontrato nel mare quella volta che andai per mare.

Ai ragazzi, agli orchi, andrebbero insegnate le delicatezze delle farfalle, la forza della mano che non sta nella strette di un pugni, ma nel dorso di una mano aperta neanche per accarezzare ma per ospitare. Altro non dobbiamo dire, per salvare dalla “proprietà” l’amore che è “libertà”, dobbiamo solo usare non il palmo della mano a strappare, ma il dorso ad ospitare.

Quel ragazzo non conosce l’amore, la ragazza ha sentito che ha a che fare con il dolore: una farfalla si è fatto orco, una farfalla ha perso colore, tutti abbiamo perso l’amore, e non è una pagina di cronaca, ma un passo nella vita, un passo nel deserto.