Il giorno del ricordo nelle esclusive che fecero inferno in un paradiso

Il giorno del ricordo nelle esclusive che fecero inferno in un paradiso

10 Febbraio 2024 0 Di Lidano Grassucci

Tu non parli. Neanche con me vuoi parlare” disse Giordano.[…]
Io ti capisco, che credi? Ti senti offeso, come lasciato a te stesso.
Rispose: ”Non mi sento niente”.

Fulvio Tomizza

 

Il giorno del ricordo dell’esodo giuliano-dalmata, sono tutte le istituzioni compite e commosse davanti quel passato così forte da fare male. Uccisi per essere italiani non è consentito come non lo è morire perché croati o serbi, non dovrebbe essere ammesso per nessun uomo anticipare la sorte della morte nel fato dall’omicidio per la ragione.

Ho amato Enzo Bettiza, scriveva divinamente sul Corriere, La Stampa e sul Giornale i Indro Montanelli. Lui ha scritto il romanzo con cui ho approcciato non per le pagine della storia, ma per la storia personale di un uomo, Esilio. Bettiza nasce a Spalato nel 1927 e racconta di questa città veneziana in ogni sua pietra nell’area urbana, ma coloratissima in mille diversità dove si piantava la vite. Racconta ne libro di come era indifferente parlare croato con la tata, o studiare Dante al liceo classico di Zara.

 La prima lingua è stata il serbo-croato di mia mamma. Ma all’età di cinque, sei anni è intervenuto il papà, che pure parlava benissimo il serbo croato, col suo dialetto veneto. A 11 anni ero già a Zara, per il ginnasio italiano. Insomma, nasco quasi trilingue, perché non bisogna dimenticare il tedesco. Per me era normale vivere così. Solo quando sono diventato un esule ho capito che ero cresciuto in un posto molto complicato, e mi sono reso conto che era un ginepraio. Per me l’infanzia e l’adolescenza in Dalmazia furono un’epoca d’oro. Vivevo in una famiglia agiata, e in un ambiente naturale bellissimo. Un paradiso perduto. Potevo diventare cittadino italiano, jugoslavo o austriaco. L’esilio ha fatto di me un europeo convinto

Così parla Enzo Bettiza in una intervista a Giorgio Dell’Arti.

E’ così che andavano le cose lì dove la storia aveva deciso di non dare esclusive alle nazioni, ma opportunità inclusive alle persone. Bettiza spiega ancora

Segnato da iniziali influssi serbi nell’infanzia, poi italiani nella pubertà, quindi croati nell’adolescenza, ai quali dovevano aggiungersi più tardi innesti germanici e russi, ho lasciato concrescere poco per volta in me multiformi radici culturali europee; non ho mai dato molto spazio alla crescita di una specifica radice nazionale. Dal ricordo delle parole di Bettiza di Antonio Cariotti, sul Corriere alla sua morte.

Poi cosa è accaduto? I nazionalismi che hanno cominciato a dire “e’ terra nostra”, invece che “e’ terra anche nostra”, “è solo nostra”. Poi una guerra persa, una vendetta perversa e il sogno della terra è diventata vendetta per la terra. 350 mila italiani bandati via, altri trucidati, è storia italiana, storia europea, storia della cattiveria.

Sapete si cerca sempre una definizione di cattivo, ma raramente si va alla radice della cattiveria. Le terre d’oriente erano perle con dentro diversità meravigliose, ne hanno fatto, ne abbiamo fatto, un  cimitero senza misericordia.

Nella foto Enzo Bettiza

Ripubblico la storia della signora Maria, una donna slava che era venuta a Sezze dopo l’esodo per via del suo matrimonio con un militare italiano

La Dalmazia della signora Maria che abitava a Sezze (di L. Grassucci)