E la luna bussò, come vi rifaccio figo il centro di Latina o forse erano meglio rane e girini?

E la luna bussò, come vi rifaccio figo il centro di Latina o forse erano meglio rane e girini?

2 Settembre 2024 0 Di Lidano Grassucci

E la luna bussò alle porte del buio
“Fammi entrare”, lui rispose di no!
E la luna bussò dove c’era il silenzio
ma una voce sguaiata disse
“Non è più tempo”

Loredana Bertè, E la luna bussò

Cantava così una straordinaria Loredana Bertè negli anni in cui cercavano linguaggi nuovi per amori che erano uguali a quelli di generazioni che ci avevano preceduti.
Non entro nel merito di come rifare il centro storico di Latina, il bello e il brutto sono di ciascuno. Il comune ha presentato il suo progetto.

Sapete bene per chi viene da vicoli, sampietrini, e strade dove non dovevano mai passate due cavalli affiancati come me gli stradoni di Latina perdono in intimità, ancora non mi ci abituo eppure ci vivo da quai mezzo secolo.

Ma perché la luna  hanno meso sul rendering?

Perché aver bisogno di una artata luna in una città che ha ben altre luci.

Non devi renderla diversa questa luna che si specchiava negli stagni fermi con le rane e dove non correvano libere acque ma stavano le radici degli alberi rivoltate di una natura che non era in ordinati canali dritti ma in fermi stagni. E canali che non cadevano nel mare ma restavano prigionieri dietro le dune.

L’ acqua qui era bersagliera ma ferma, putrida, puzzolente, piena di girini e non di pesci rossi, di rane che stonano nel gracidare e non usignoli a cantare.

La bellezza di qui non è una terra di laghetti alpini e ruscelli cristallini, ma terra di rettili, anfibi, piante di stagno e la bellezza sta in questo inferno, sta nella malaria. Taormina originale artista pontino sotto i portici mette le zanzare, ecco lui ha il segno di qui. Acque che corrono verso il mare sono canadesi, forse norvegesi, qui non facciamo legnatico ma coltiviamo carciofi, granoturco e se va bene grano per farci pane nero. Sarebbe stato bello mettere lì non melma ma pezzi di polenta, il pane nero di Sezze, la falia di Priverno, le lingue di pizze di Cori e su tutte le pastarelle di visciola della mia infanzia. Arredare di bontà questa città, ma ripeto è opinione, io la bellezza la vedo così. Non alberi ma falia, non acque che paiono di monte azzurre come le Maldive da noi invece belle di sabbia color sabbia.

Non mi permetto di dire del progetto, dico che qui la storia era diversa, poi se vogliamo pensare alla fantasia anche il leone è un tenero micetto, ma più grande.

E allora giù
quasi per caso
più vicino ai marciapiedi
dove è vero quel che vedi
tra le ciglia di un bambino
per potersi addornentare
c’è bisogno della luna
giù giù giù