Francesca e Laura nel sentirci tutti umani, pietà è viva

Francesca e Laura nel sentirci tutti umani, pietà è viva

6 Luglio 2019 0 Di Lidano Grassucci

In questi due giorni ci sono due articoli su queste colonne che hanno raccontato di fine, e in tanti, ma proprio tanti hanno sentito le parole che erano scritte come nervi che facevano vibrare l’anima, come bisogno di pietà.

Emilio Andreoli ha scritto di Laura Luberti con una pennellata che è poesia ha portato su questi schermi che sostituiscono i fogli l’aroma di caffè, quanto lui sapeva di “radiolina”. Anna Giorgi, preside del Liceo setino, ha “diplomato” una ragazza, Francesca Venditti, che per un soffio, si un soffio di vita, non è arrivata in tempo, il tempo le era finito prima. Sono due storie diversissime, lontane anni luce, ma hanno nella reazione delle persone la medesima matrice, quella pietà che avevano smarrito.

“Pietade non è passioneanzi è una nobile disposizione d’animoapparecchiata di ricevere amoremisericordia e altre caritative passioni”, spiegava Dante.

Pietà non è compassione, ipocrita espressione del dolore alienato da noi, ma è “la disposizione a sentirsi solidali con chi soffre”. Ho sentito i lettori essere solidali, cercare in queste tragedie la solidità dello stare insieme, il sentirsi umani. Ecco l’umanità che spesso la fretta ci fa dimenticare, mettere di lato. Come se la vita fosse a latere degli impegni quotidiani che poi sono la schiavitù del mostrare dimentichi la libertà di essere. C’è un male profondo tra noi, l’indifferenza della dimenticanza che è il contrario della pietà Una ragazza che sta per dire buongiorno alla vita, già non ne ha più. Una donna vissuta alla vita, la vita corrode come acido. Siamo drammi che ci siamo ostinati a negare, siamo occhi chiusi al sole, siamo notti insonni di paure che non sappiamo dire. Ma quando è evidente il dolore sappiamo risorgere nel ricordo. Il ricordo è la penicillina al male di morire, alla cinicità del destino. Alla evidente sfacciata errata  idea che c’è chi va via prima, chi troppo presto e chi troppo solo e il ricordo “uccide” la presunzione degli dei di essere padroni del tempo, tenutari dell’interruttore del finire e, invece, l’uomo umano ricorda come se fosse vivo, ed è vivo.

Fa freddo in questo caldo di luglio, ma è bella la catena: di bocca in bocca il ricordo, e par vivo questo vivere, nessuno escluso.

 

Illustrazione Giorgio De Chirico