Noi vogliamo distruggere i musei, la triste realtà pontina

Noi vogliamo distruggere i musei, la triste realtà pontina

7 Agosto 2019 0 Di Luca Cianfoni

Notizia fresca di oggi è l’arrivo di fondi regionali per il museo della matematica di Priverno. Ottima notizia per il territorio, ma una riflessione sorge pensando ai vari piccoli musei sparsi per la provincia di Latina, quanto sono attrattivi questi luoghi? 

Il significato di Museo

Marinetti, quando con il manifesto del futurismo lanciò la provocazione di distruggere i musei aveva ben altro intento di quello di struggere l’arte, voleva rifondarla secondo altri canoni. Tornando ai giorni nostri se si prende come riferimento ciò che dice il Consiglio Internazionale dei Musei, la principale organizzazione internazionale che rappresenta tali luoghi, un museo dovrebbe essere 

un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto.

Se dopo aver letto questa definizione si pensa ai musei sparsi sul nostro territorio ci si accorge che la teoria cozza inevitabilmente con la realtà. Ciò che rende difficile infatti la situazione dei luoghi di cultura in questo territorio è soprattutto l’ultima parte della definizione precedente ovvero la comunicazione. In alcuni luoghi come il Complesso monumentale – Museo di Palazzo Caetani a Cisterna di Latina c’è solo il nome e nemmeno la basilare apertura ed esposizione al pubblico. In altri luoghi invece manca una funzione fondamentale, l’attrazione. Il museo Duilio Cambellotti a Latina, quello archeologico a Sezze o quello delle scritture a Bassiano, senza dilungarsi troppo, non hanno per coloro che abitano questo lembo di terra alcuna attrattiva, figuriamoci per i turisti che transitano da queste parti. Come si è visto dalla definizione precedente il museo non è solo un luogo dove ammucchiare “cose vecchie” nella speranza che qualche illuminato prima o poi bussi a quella porta. Il museo deve essere un luogo dove la contaminazione e l’incontro si fanno reali e materiali. In primo luogo dalle scuole elementari, necessarie per scoprire anche la geografia dei luoghi in cui si vive; attraverso i musei questo può farsi conoscendo la cultura immensa che ha abitato queste zone. Andando avanti la contaminazione può avvenire con ricerche e studi da fare in collaborazione con le università presenti sul territorio, com’è successo in questi anni con La Sapienza e la Fondazione Roffredo Caetani, che camminando insieme hanno riscoperto l’antica via d’accesso a Ninfa.

Essere musei e non monadi

Il segreto per un museo di successo dunque risiede tutto nell’essere attrattivi e coinvolgenti. Un esempio c’è ed è il Museo Storico di Piana delle Orme che ha saputo evolvere ed è diventata addirittura azienda agrituristica. L’altro segreto invece è la contaminazione, il non restare isolati, il non essere monadi, ovvero entità singole, indivisibile e che bastano solo a se stesse. Facendo in questo modo infatti si tradisce il fine ultimo del museo ovvero quello di comunicare ed esporre a fini di studio e quindi continuare a ricercare quella saggezza e quella verità che sono l’anima del progresso e dell’innovazione.

 

In copertina “La città che sale” di Boccioni