Sezze/ La defecazione “artistica” che fece rigogliosa La macchia

Sezze/ La defecazione “artistica” che fece rigogliosa La macchia

19 Aprile 2021 0 Di Lidano Grassucci

Carlo Di Bella pubblica sulla sua pagina delle immagini de La Macchia, il parco rigogliosissimo che si trova “appena fuori le mura di Sezze”. Lui, con orgoglio, lo definisce il posto più bello e rigoglioso della città, e forse è vero.

A me queste foto hanno fatto tornare alla mente le storie di mio padre su quel posto. Papa, Antonio Grassucci detto Gattino, mi spiego così il “rigoglio” di quel bosco, e la vita grama degli artisti setini.

Per artista lui intendeva l’artigiano: dal falegname al barbiere, passando per il sarto quelli che davano servizi ad una comunità che già era povera per ci produceva immaginate voi per quelli che dovevano vivere su di loro.

Era d’estate e La Macchia era il luogo di un serissimo rito quotidiano. In città non c’erano bagni e fogne, i contadini per le loro cose avevano a disposizione una palude. Gli artisti una “macchia”. Di buon’ora, il rito era sociale, la funzione non era borghese e privata ma greca e pubblica, si recavano nel luogo preposto al rito laico della defecazione, un moto liberatorio.

La funzione non inibisce l’orale, era di luglio e i nostri due artisti in bolletta non avevano potuto andare a villeggiare allo scintì al fresco di Suso. Ma mica potevano ammettere di essere in bolletta, ma ciascuno voleva mettere in difficoltà l’altro senza far brutta figura lui.

Il primo chiese in italiano  (la voce di papà era in falsetto, per via che per i contadini gli artisti erano sempre gente delicata) “ma perché quest’anno non hai villeggiato a Suso?”

“Beh, sai ci volevo tanto andare, ma poi mi prese una grande paura delle rucertole e ho desistito. E tu perché stai qua”.

“Che dirti anche io avrei potuto se non fosse stato per il terrore per i grilli”.

Se ne andarono svuotati e soddisfatti con la faccia sociale salva per timori ad animali feroci, senza un quattrino ma con il grazie degli alberi de La Macchia, così belli.

 

Foto gentilmente concesse da Carlo Di Bella