Racconti d’estate / Rosa e Celeste vanno alla scuola media

Racconti d’estate / Rosa e Celeste vanno alla scuola media

12 Agosto 2020 0 Di Maria Corsetti

Del passaggio dalla scuola elementare alla media si raccontavano storie interessanti e spaventose. Si diceva che cambiava tutto, che c’era una moltiplicazione di insegnanti, libri e ore di studio. Che era impossibile sapere tutto e che te la cavavi solo se eri fortunato. Che i professori non si interessavano ai loro alunni come faceva la maestra, ma che si limitavano a spiegare e interrogare. E bisognava fare attenzione sempre e prendere appunti in continuazione. Tutto questo erano le scuole medie. Una delle cose interessanti era il fatto che non si indossava più il grembiule bianco delle elementari, ma quello nero. Il che sapeva di adulto e dava una certa sicurezza che si sarebbe riusciti nella missione impossibile di affrontare un programma così impegnativo. Il grembiule nero per una ragazza delle medie è come la mimetica per un militare: una volta addosso già ci si sente diversi, più all’altezza della situazione.

La mamma aveva ricamato sui colletti dei grembiuli una E rossa per Etta e una I bianca per Ina, in modo da facilitare ai loro compagni il riconoscimento delle gemelle e di conseguenza l’inserimento nel gruppo.

Faceva ancora molto caldo il primo giorno di scuola, l’estate non voleva saperne di finire. Chiudersi in una classe sarebbe sembrata una ingiusta punizione se il sapore della novità non avesse preso il sopravvento. Gli zaini erano nuovissimi, freschi. Le pagine dei libri scrocchiavano. I quaderni erano compatti, la punta delle matite perfetta, come solo può esserlo quando escono dalla fabbrica e poi mai più. Allineante e imbrigliate dentro la cartucciera dell’astuccio, mostravano la loro gamma di colori intatta. Solo dopo qualche mese sarebbe stato evidente, comparando le lunghezze, che si usava molto più il blu che il marrone o il giallo che il viola. Le gomme per cancellare, colorate e profumate, contagiavano tutto lo zaino con il loro odore di frutta. Il temperino era pulitissimo con la lama tagliente che luccicava. Le penne, blu, nera e rossa, avevano il tappo lucido, intatto.

Immerse in tutto il nuovo, loro e dei loro compagni, Etta e Ina passarono il confine della scuola media. L’aula non era molto differente da quella delle elementari; banchi e cattedra. I compagni di scuola erano invece completamente diversi. Volti sconosciuti provenenti da chissà quali mondi paralleli alla loro scuola elementare. Istintivamente si sedettero vicine anche se, alle elementari, questa cosa non era mai stata possibile perché le maestre dicevano che i gemelli stanno già sempre insieme a casa, quindi la scuola deve proporre una soluzione diversa. Qui alle medie nessun professore ci trovò da ridire sul fatto che due ragazze identiche stessero sedute vicine.

Le prime due ore furono passate a prendere le misure, professori e ragazzi. Sulla ricreazione bisognava capire bene quali fossero le regole. Ad un certo punto l’insegnante disse: potete fare ricreazione. Il permesso includeva quello di uscire sul corridoio a mangiare la merenda.

Un ragazzo più grosso degli altri, ciccione per la verità, uscito dalla porta della terza media si avvicinò alle gemelle. Le conosceva. Era un cugino, o meglio un figlio di amici di famiglia che loro chiamavano zii e quindi erano portate a pensare che fosse loro cugino. Gli andarono incontro per salutarlo, ma lui stava con altri maschi e non poteva perdere la faccia usando il garbo dovuto.

«Etta-Ina Ina- Etta…Inaetta…inetta…non siete buone a niente, lo dice il nome». Etta e Ina non conoscevano ancora il significato della parola “inetta“. Ma alle elementari avevano imparato a usare il vocabolario, che avevano portato per fare bella figura. Uno a testa, credendo che sarebbero state separate. Tra i sinonimi trovarono “Incapace, incompetente, sciocca, imbranata“. Erano parole che conoscevano bene. Da quel giorno tornarono ad essere Rosa e Celeste per tutto il mondo.

Comunicarono la decisione alle madrine che le andarono a riprendere a scuola. Le due ragazze furono felici e promisero che, per festeggiare, si sarebbero fatte tatuare le iniziali delle figliocce sulle caviglie. Quanto al cugino, spiegarono alle gemelle che il realtà non era un cugino e che era ripetente. A casa fu la volta della mamma alla quale si presentò il problema di dover tornare non solo ai nomi di battesimo, ma anche ai colori dei nomi. I grembiuli di ricambio non erano stati ancora ricamati, quindi, fu abbastanza facile rimediare con una R e una C sul colletto. Furono cambiate anche le lenzuola e le tovagliette, che tornarono a essere rosa e celeste.

Il giorno successivo Rosa e Celeste erano pronte ad affrontare la scuola media e il cugino-non-cugino ciccione e ripetente. Erano state consigliate di ignorarlo, ma questa cosa non era possibile. Il ripetente aveva promesso ai suoi amici un anno di persecuzione nei confronti di quelle due. Arrivò la ricreazione, le gemelle uscirono dalla classe, il ripetente era pronto a dare fastidio. Rosa e Celeste facevano finta di nulla. Il ripetente decise di alzare il tiro. Rosa e Celeste resistevano.

Con il suono della campana che invitava al rientro in classe, il problema fu spostato al giorno successivo. Consapevoli che non avrebbero resistito a lungo, Rosa e Celeste decisero di chiedere consiglio alle madrine. Indignate da un comportamento del genere, le madrine decisero che la cosa andava risolta tra ragazzi: mettere in mezzo genitori e insegnanti non sarebbe stato dignitoso. «Quando lo vedete ditegli davanti a tutti che è un somaro ripetente, ciccione e stupido. Fate bene attenzione che ci siano tutti i suoi amici davanti». Così fu.

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Non fu semplice per la mamma di Rosa e Celeste trovare una spiegazione che scusasse le figlie con i genitori del ripetente, che piombarono a casa delle gemelle inorriditi dal comportamento delle due nei confronti del pargolo.

D’altra parte, dissero, con una situazione familiare del genere. Andarono oltre, alludendo che il papà viveva ormai da anni con la ex suora della materna dalla quale aveva avuto due bambini.

Proseguirono con una madre che mette alle figlie due nomi del genere. Infierirono anche sulle madrine, che tutti se le ricordano mezze nude al battesimo. Non paghi, citarono anche il fatto dei diminutivi. Infine rinfacciarono i regali di Natale e delle comunioni. Loro che erano sempre stati costretti a farne due a quelle ingrate ricevendone uno solo per il figlio. L’amicizia era da considerarsi finita.

Alle volte le soluzioni semplici sono a portata di mano. Basta parlare.

 

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